Ormai quando prende fuoco un’automobile, un cassonetto oppure un capanno si grida subito al racket. Ma è la tensione a far crescere lo stato di allarme nella gente e anche negli inquirenti, che sono portati quando trattano questi episodi a minimizzare ma soltanto all’apparenza. Perché poi invece valutano ogni possibile evenienza. L’ultimo caso è successo ieri all’alba in via Brigate Partigiane: erano da poco passate le cinque quando una vettura ha preso fuoco. Troppo rapidamente per non essere un atto doloso, hanno sentenziato i pompieri arrivati sul posto quando c’era ben poco da salvare ormai. Sono arrivate anche le forze dell’ordine che sono risalite al proprietario della macchina e lo hanno contattato per capire se aveva ricevuto minacce negli ultimi tempi. Lui ha negato e questo potrebbe far escludere il racket, ma resta comunque una pista che non verrà abbandonata da polizia e carabinieri. Più probabile che invece sia un atto vandalico, qualcuno che ha voluto regolare i conti con un ostacolo di troppo. Con un’auto che probabilmente dava fastidio perché è stata parcheggiata dove non poteva essere lasciata.
Ipotesi, che come si dice in questi casi, sono ancora al vaglio degli inquirenti. Inquirenti che escludono il corto circuito o il rogo accidentale: troppo veloce la combustione e soprattutto alle cinque del mattino è difficilissimo che si tratti di cortocircuito. La macchina era ferma da parecchie ore, forse addirittura da giorni. Naturalmente data l’ora e dato il luogo nessuno ha visto niente. Non è il primo caso di auto data alle fiamme in città. Praticamente una alla settimana, i proprietari non sono legati tra di loro e non tutti hanno attività commerciali oppure fanno un lavoro che può metterli nel mirino della malavita organizzata. Ed è per questo che la pista dell’atto vandalico è quella più battuta. Ma è preoccupante allo stesso modo, visto che la città è in mano agli sconosciuti. E soprattutto di notte nessuno può stare tranquillo. Sia il pubblico sia il privato finiscono nel mirino.
il tirreno