Professionisti che anziché aiutare un’azienda a superare una momentanea carenza di liquidità, l’hanno affossata. C’è anche questo tra le ipotesi della procura di Massa, che nello scorse settimane ha portato a termine l’inchiesta sul caso Fermet, azienda operativa nella lavorazione di rottami di ferro che aveva fatturati superiori ai 200 milioni di euro prima di intraprendere, nel 2012, una procedura di concordato preventivo che l’ha portata alla messa in liquidazione. Con 70 operai rimasti a casa e diversi fornitori mai più rientrati dei loro crediti. A convincere il titolare di Fermet, Alberto Ricciardi, dell’opportunità di un concordato fu il noto commercialista Giulio Andreani, una delle quattro persone che hanno ricevuto l’avviso di chiusura delle indagini condotte dai carabinieri di Massa, probabile preludio al processo. A lui e agli altri indagati viene infatti contestata la truffa in concorso con grave danno al patrimonio, reato che non prevede l’udienza preliminare ma la citazione diretta a giudizio da parte del pm.

I pm: “Fermet fu truffata dai consulenti” – Andreani è considerato uno tra i massimi esperti italiani di crisi d’impresa: ex docente della Scuola superiore dell’Economia e delle finanze di Roma dove si sono formati molti uomini della Guardia di finanza, ha attualmente cariche in oltre 50 imprese ed è persino membro del collegio sindacale dell’Istituto dell’enciclopedia Treccani. Oltre che ad Andreani, la truffa viene contestata all’avvocato che insieme a lui seguì la pratica di Fermet, Sergio Menchini, docente del dipartimento di Giurisprudenza dell’università di Pisa. Per loro l’accusa è di avere agito non negli interessi di Fermet, che secondo la procura è stata fatta cadere in una crisi creata ad arte. Responsabili della fine della società, secondo le ipotesi investigative, anche Eraldo Cerisano, all’epoca dei fatti dirigente dell’Agenzia delle entrate di Firenze che presentò una serie di contestazioni fiscali che contribuirono ai problemi di liquidità di Fermet, contestazioni poi finite nel nulla. Ed Emanuele Ricciardi, fratello di Alberto e socio di Ecoacciai, un’azienda concorrente di Fermet, di cui è stato consigliere di amministrazione lo stesso Andreani. Nel corso delle indagini la procura ha ritenuto che siano venuti a mancare i presupposti per l’associazione a delinquere inizialmente ipotizzata e ha stralciato la posizione dell’altro socio di Ecoacciai, il patron del gruppo bresciano Ferriera ValsabbiaRuggero Brunori, il cui nome in un primo momento era stato iscritto nel registro degli indagati.

Andreani: “Non hanno nemmeno svolto le indagini” – Alberto Ricciardi – sostengono gli inquirenti – fu raggirato. Convinto a una serie di scelte che hanno portato al rapido declino della società a cui aveva dedicato gran parte della sua vita professionale. Ma Andreani, contattato da IlFattoQuotidiano.it, respinge ogni accusa: “C’è un tribunale che ha decretato che la Fermet era in stato di insolvenza. La Fermet non aveva i soldi per comprare la benzina. Nemmeno si capisce in che cosa sia consista la truffa, chi ne abbia tratto vantaggio. La truffa sarebbe consistita nel fatto di indurre una persona a presentare una domanda al tribunale, il soggetto che avrebbe perpetrato la truffa sarebbe il tribunale. Non sono neppure state fatte indagini per accertare i fatti. Le hanno fatte fare ai carabinieri che non capiscono niente di queste materie, non sanno che differenza c’è tra un bilancio e un dromedario”.

da Il Fatto Quotidiano