pucciOttimisti, soddisfatti e fiduciosi. Questo il commento sintetico del sindaco di Massa, Roberto Pucci che mercoledì pomeriggio è stato ascoltato a Roma dalla Commissione Affari Costituzionali presieduta dall’onorevole Bruno Donato, in seguito alla ormai nota e discussa proposta di legge presentata dall’onorevole Isabella Bertolini tesa, lo ricordiamo, a cambiare la denominazione in “Provincia di Massa e Carrara”. Audizione alla quale erano presenti anche l’onorevole Elena Cordoni, il consigliere comunale del Pdl, Stefano Caruso e il capogruppo dell’Udc Andrea Giusti, dove è stata illustrata e consegnata la documentazione storica in cui viene comprovata l’esattezza della denominazione “Provincia di Massa-Carrara” e la preminenza storica delle funzioni di governo della città di Massa. Presenti anche l’onorevole dell’Idv, Fabio Evangelisti che si è espresso con chiarezza difendendo la posizione di Massa e l’assessore regionale, Marco Betti che si è fatto portavoce della Regione Toscana che aveva già bocciato la stessa iniziativa.
L’equivoco nasce – come ha spiegato il primo cittadino – da una tabella allegata ad un decreto emanato dal dittatore delle “Provincie Modenesi”, Farini il 27 dicembre del 1859; tabella che aveva lo scopo di indicare non tanto la denominazione, ma piuttosto la struttura territoriale di quella che in quel documento era stata erroneamente chiamata “Provincia di Massa e Carrara”. Successivamente a quel decreto, infatti, la denominazione tornò ad essere “Provincia di Massa-Carrara”, così come quella della Prefettura. Dal 1861, ovvero dopo l’unità d’Italia, la denominazione è rimasta sempre la stessa.
“La Commissione ci ha anticipato con nostra grande soddisfazione – ha spiegato il sindaco Pucci – che proporrà di inserire il Regio Decreto del ‘46 tra quelli da salvare, poiché rientra tra quelli che “disciplinano aspetti fondamentali dell’esistenza dei singoli enti locali”. Se verrà accolto questo parere e non ci saranno colpi di mano in sede governativa, questo dovrebbe risolvere tutti i problemi, compresa la diatriba sul nome. La Commissione ha fatto presente che in futuro, comunque, valuterà solo proposte senza oneri per lo Stato. Da parte nostra abbiamo precisato che, anche solo un eventuale cambio di denominazione, oltre a non rispecchiare la storia, comporterebbe comunque un costo per la collettività”.