Nel cuore delle Alpi Apuane, dove la bellezza della montagna incontra la durezza del marmo, si consumano affari milionari.
Le aziende del settore lapideo continuano a trarre ingenti profitti estraendo un bene pubblico dal ventre della montagna: il celebre marmo apuano. In cambio, ci si aspetterebbe almeno un ritorno concreto per il territorio, sotto forma di canoni di concessione e contributi all’escavazione. Ma secondo il Polo Progressista e di Sinistra, non è così che stanno le cose.
Il gruppo politico ha sollevato un allarme chiaro e documentato: oltre un milione di euro di somme dovute al Comune da parte dei concessionari di cava risulterebbero non pagate.
Una morosità che non sarebbe recente: molte delle cifre risalirebbero anche a tre o quattro anni fa, riguardando cave attive e non, distribuite su più bacini estrattivi, in una zona particolarmente delicata, spesso all’interno o ai margini del Parco delle Alpi Apuane.
«Purtroppo – afferma il Polo – si parla di cifre importanti, che chi estrae il marmo delle Apuane non versa come dovrebbe. Eppure quei soldi hanno una destinazione ben precisa: servono a migliorare la viabilità danneggiata dal continuo passaggio dei camion del marmo, a finanziare progetti di manutenzione e salvaguardia ambientale. In altre parole, a restituire al territorio almeno in parte ciò che gli viene tolto».
Una situazione che – secondo i Progressisti – getta un’ombra inquietante su un’economia, quella del marmo, che continua a generare ricchezza, ma senza equa redistribuzione. «Le aziende hanno venduto, incassato, guadagnato – sottolineano – ma intanto il Comune non ha ricevuto quanto dovuto. E a perderci è la collettività, quella stessa collettività che ha concesso lo sfruttamento di un bene comune».
Il gruppo chiede un cambio di passo da parte dell’amministrazione comunale: “Serve fermezza e trasparenza. Non si può trattare un’azienda morosa come si tratterebbe un cittadino in difficoltà. Chi non paga, non dovrebbe ottenere nuove concessioni”, affermano con decisione. E accusano il Comune di aver concesso troppe facilitazioni, come le rateizzazioni dei pagamenti, senza alzare la voce.
L’appello è chiaro: più controlli, più rigore, più responsabilità. Perché dietro il bianco brillante del marmo si nascondono crepe profonde: morosità milionarie, squilibri economici, danni ambientali. E mentre le montagne si svuotano e i versanti si sgretolano, i paesi vicini aspettano ancora interventi promessi e dovuti.
«Se davvero vogliamo che l’attività estrattiva abbia un futuro sostenibile – conclude il Polo – allora chi sfrutta il territorio deve prima di tutto rispettarlo. A partire dal pagamento di quanto è dovuto, nei tempi e nei modi previsti».