Sono stati assolti i tre tecnici Arpat che erano stati accusati dalla procura di Massa – dopo un’indagine condotta dai militari della Capitaneria di Porto-Guardia Costiera – di omessa denuncia e favoreggiamento per una serie di controlli antiinquinamento in alcune aziende al termine dei quali non avrebbero proceduto – questa era la tesi dell’accusa – con una segnalazione. 

A Giuliano Corsini, di Carrara, vennero contestati cinque episodi; a Marco Bertolini, anche lui di Carrara, erano stati contestati quattro controlli, e al terzo, Olinto Marchi, di Massa, un sopralluogo. L’ex procuratore capo Aldo Giubilaro, era titolare dell’inchiesta, e al termine delle indagini chiese e ottenne il rinvio un giudizio. 

Venerdi si è chiuso il primo grado di giudizio con l‘assoluzione piena dei tre imputati. 

L’indagine era nata da un esposto nei confronti del personale Arpat. C’erano state perquisizioni e sequestro di materiale alla sede di Massa di Arpat. Le ditte controllate e “graziate”, avrebbero rischiato la segnalazione per “reati contravvenzionali” legati al decreto legislativo n. 152 del 2006, norme in materia ambientale. In dettaglio, Marco Bertolini e Giuliano Corsini erano stati indagati in concorso di omessa denuncia e favoreggiamento perché, quali tecnici Arpat, avrebbero omesso di comunicare la notizia di reato acquisito, secondo la pubblica accusa, nella verifica effettuata alla ditta Coseluc di Massa e così facendo avrebbero aiutato i responsabili dell’azienda a eludere le investigazioni; in particolare, avrebbero, dicevano sempre la Procura, accertato uno scarico di acque reflue industriali privo di autorizzazioni ma nel verbale avrebbero certificato che «la ditta lavora a circuito chiuso, per quanto visto non si riscontrava la presenza di scarichi». 

E sempre per il sopralluogo alla Coseluc Bertolini e Corsini dovevano rispondere di falso ideologico e materiale perché avrebbero attestato, secondo l’accusa, o contrariamente al vero, appunto, che la ditta lavora a circuito chiuso.Omessa denuncia e favoreggiamento, sempre per Bertolini e Corsini, per una vicenda del dicembre 2015: controlli alla ditta lapidea Mdm di via Piave, e nel corso della verifica – sosteneva l’accusa – avrebbero accertato uno scarico di acque reflue industriali privo di autorizzazione, ma i due avrebbero omesso di comunicare alla magistratura questa circostanza e non trasmetteva il verbale di campionamento.

Risale a fine novembre 2015 la verifica alla ditta Siac di Luni, la contestazione è analoga: Bertolini e Corsini non avrebbero comunicato alla magistratura di aver accertato la presenza di uno scarico di acque reflue industriali non autorizzato e non trasmettevano il verbale di sopralluogo ambientale. 

Ma tutte le accuse, come detto, sono cadute.