L’emergenza Covid è cominciata molto prima di quanto finora si riteneva. Lo studio scientifico pubblicato ora dalla prestigiosa rivista internazionale “Science” riporta il modello predittivo dell’esordio della pandemia. E colloca l’inizio della circolazione del Covid-19 in Cina a metà ottobre 2019, nella provincia dell’Hubei. “A evidenze analoghe erano giunte le ricerche condotte al Campus Biomedico di Roma dal professor Massimo Ciccozzi- spiega a Interris.it l’infettivologo Roberto Cauda. Il direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli è il revisore dei parametri del tavolo tecnico del governo sulla pandemia.

Nuovo quadro dell’emergenza Covid

All’ordinario di Malattie Infettive dell’Università Cattolica del Sacro Cuore l’esecutivo ha affidato il delicato incarico di definire i nuovi parametri. Per la valutazione dl rischio epidemiologico. E per l’aggiornamento del monitoraggio alla luce delle nuove varianti del Covid. Il professor Roberto Cauda illustra a Interris.it le dinamiche epidemiologiche e le implicazioni cliniche delle ultime scoperte scientifiche. «Nel trascorrere dei mesi si è registrato un abbassamento dell’età media dei contagi. Ciò spiega la pur dolorosa necessità di procedere alle restrizioni sull’istruzione”, sottolinea l’infettivologo impegnato in prima linea nel sequenziamento delle varianti del Sars-Cov-2. In collaborazione con il professor Massimo Ciccozziresponsabile dell’Unità di statistica medica ed epidemiologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia del Campus Bio-Medico di Roma.

Sos giovani

A complicare il quadro è il fatto che “le persone più giovani hanno spesso una minore percezione delle gravità della situazione pandemica. E una maggiore propensione alla vita sociale e ad incontri nei quali non sempre vengono osservate le misure precauzionali anti-Covid”, evidenzia il professor Cauda. Prosegue il direttore Uoc del Gemelli: “Tra le nuove generazioni prevale un ‘insofferenza per le condizioni determinate dal protrarsi dell’emergenza sanitaria. E’ una ‘stanchezza da pandemia’ che induce pericolosamente molti giovani ad abbassare la guardia rispetto ad un rischio di infezione mai così elevato come adesso“. La metà dei bambini e dei ragazzi contagiati dal Covid-19 non presenta sintomi. Un recente studio realizzato in Spagna è riportato dal Report infettivologico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Analizza la circolazione del virus tra teenager e la trasmissione ai loro contatti familiari. Circa la metà dei bambini e dei ragazzi contagiati dal Sars-Cov-2 è asintomatica.

Forme asintomatiche

“Tra i teenager il Covid presenta minori sintomi. E più frequentemente rispetto agli adulti assume forme asintomatiche. Più raramente, rispetto alla popolazione più avanti negli anni, è necessario il ricovero in ospedale. Anche la letalità è inferiore del 2% rispetto agli adulti. Quindi il decesso è una possibilità remota. Gli ‘under 16’ contagiati dal Sars-Cov-2 sviluppano generalmente forme meno severe di malattia. Il fatto che per la metà dei casi si tratti di malati asintomatici rientra in questa manifestazione in generale più lieve del Covid. A partire dai sintomi che spesso non non ci sono o non vengono avvertiti per quanto sono leggeri. In molti casi ci si accorge dell’infezione nei test effettuati in ambito educativo o nei centri giovanili”, osserva l’infettivologo.

Conseguenze

“I riflessi sull’andamento della pandemia riguardano l’elevato numero di persone con le quali mediamente un ragazzo entra in contatto– puntualizza l’infettivologo Cauda-. Rispetto ad un adulto o ad un anziano un teeneger incontra molta più gente. Tra le nuove generazioni la letalità e l’ospedalizzazione sono più basse. Il dato del 50% di asintomatici deve essere valutato nella trasmissione del Sars-Cov-2 tra i contatti. Da qui la rilevanza dello studio prospettico, osservazionale e multicentrico condotto in Spagna. Per definire i comportamenti che incidono sul rischio di veicolare il virus all’interno di un gruppo”. E aggiunge: “Di fronte all’attuale incremento dei contagi occorre tener conto che l’estate è lontana. A differenza degli altri coronavirus umani il Sars-Cov-2 non ha stagionalità. Ma è evidente che in questi mesi si sta più tempo al chiuso. E ci sono quindi maggiori possibilità di contatti stretti. Ciò si traduce in un aggravio della pandemia. Anche se la situazione in California o in Florida dimostra che l’incidenza dell’estate è relativa. E che anche con il caldo e l’aumento dell’irraggiamento solare questo virus continua a fare danni. I raffreddori d’estate scompaiono, il Sars-Cov-2 no

Modalità di trasmissione

Aggiunge il professor Cauda: “Il virus circola e provoca forme gravi di malattia. Mentre proseguono comportamenti di irresponsabilità e sottovalutazione. Come gli assembramenti di ragazzi senza mascherina in molte città italiane. Sono disattenzioni che si riverberano sull’accentuata circolazione del Covid tra i giovani. Serve la strategia del contenimento dell’infezione. Alla quale purtroppo non si può affiancare il tracciamento. Perché per farlo dovremmo essere a quota 50 casi per centomila abitanti. E invece ci troviamo in una situazione tre volte superiore. Individuati i focolai, questo tracciamento si sarebbe potuto fare la scorsa estate”. Oggi, precisa il professor Cauda, le condizioni della pandemia non lo consentono più. I risultati del contenimento dei casi si vedono dopo due, tre settimane. Considerati i modelli matematici che tengono conto della diffusione delle varianti. Ma il lockdown non è sufficiente se non si accelera la campagna vaccinale. E’ la strategia del ‘contieni e vaccina’ che sta dando innegabili risultati in Israele e Regno Unito”.

Allarme sistema nervoso

“Il bersaglio principale del Covid è il polmone. Ma il sistema nervoso centrale viene frequentemente raggiunto nelle forme più gravi della patologia. E’ stato documentato in vari studi scientifici un notevole coinvolgimento neurologico in numerosi casi. Soprattutto nei soggetti che presentavano una qualche predisposizione. Ictus, encefalopatie, infezioni, forme fulminanti di edema.

Giù l’età media dei contagi con le varianti

“Il 40% dei pazienti con meno di 21 anni ricoverati per Covid hanno riportato danni permanenti. Ossia deficit neurologici al momento di essere dimessi dall’ospedale. E nel 26% dei casi gravi è sopraggiunta la morte”, sottolinea l’infettivologo. Dunque, ictus ed encefalopatie: il 22% dei giovani ricoverati ha complicazioni neurologiche. Secondo una recente indagine realizzata in 61 ospedali statunitensi, avverte l’infettivologo, “le complicanze neurologiche sono relativamente frequenti (22%) in questa casistica di 1695 pazienti di meno di 21 anni ricoverati negli Usa per Covid-19. Le manifestazioni più rappresentate sono encefalopatia acuta e ictus”. Un dato epidemiologico “da tenere in grande considerazione soprattutto ora che le varianti abbassano l’età media dei contagi“, conclude a Interris.it il direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive del Policlinico Gemelli di Roma.

da INTERRIS.IT