In 126 anni di vita ha sfamato reali e scugnizzi, presidenti americani e aborigeni australiani e messo d’accordo, davanti a un piatto fumante, bambini e adulti di tutto il mondo. Ora la pizza napoletana rivendica la corona dell’Unesco come patrimonio immateriale dell’umanità. L’arte dei pizzaioli napoletani è l’unica candidata italiana in corsa e la petizione per la sua incoronazione, lanciata dall’ex ministro Alfonso Pecoraro con la fondazione Univerde e dall’Apn-Associazione piazziuoli napoletani, sfiora i 700 mila sottoscrittori. L’obiettivo è raggiungere entro marzo un milione di firme così, a dare manforte al più amato dei piatti italiani, arriva la carica degli artigiani. Lunedì 22 pomeriggio la Cna-Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa presenterà a Napoli la sua adesione alla campagna, che già vede l’appoggio di associazioni come la Coldiretti e la Confesercenti, di celebrità, politici, chef e vanta persino la benedizione papale.

I maestri pizzaioli sfornano ogni giorno 8 milioni di pezzi, vale a dire quasi 192 milioni di pizze al mese e 2,3 miliardi di pizze l’anno per un giro d’affari di 12 miliardi di euro (dati Cna). Per quattro consumatori su dieci è l’abilità delle loro mani a fare la differenza, a partire da ingredienti poveri come l’acqua e la farina. Il segreto sta nella cura con cui viene lavorato l’impasto, un’arte tramandata di generazione in generazione nei forni (dove bastano un paio di euro per assaporare una fetta doc) così come nelle pizzerie al taglio (qui il prezzo sale a cinque euro) e nei ristoranti (dove si possono superare anche 10-12 euro per una margherita).

L’affetto degli italiani per la pizza è dimostrato dal loro consumo medio elevato, non c’è dieta che tenga. In media mangiano 7,6 chili di pizza all’anno, circa 38 pizze napoletane a testa, un quantitativo che supera quello di molti paesi a partire dalla Francia e la Germania (4,2 chili) o dalla Spagna (4,3). Ma, a sorpresa, ci sono posti dove la pizza è ancora più diffusa come il Canada, dove il consumo medio raggiunge 7,5 chili all’anno, o gli Stati Uniti, che si classificano al primo posto tra i fan della pizza con 13 chili a testa. Oggi la principale minaccia per la pizza sta proprio nel suo successo, che la rende più esposta di altri prodotti alle agro-piraterie, tra mozzarelle di latte congelato, pomodori cinesi e farine di bassa qualità. Uno degli obiettivi principali della petizione all’Unesco è proprio combattere la contraffazione, a tutela del consumatore e a cui devono essere garantiti prodotti di qualità provenienti dall’agricoltura italiana, e anche a tutela dell’economia nazionale per la quale la pizza vale 200 mila posti di lavoro.