A raccontarla così, per filo e per segno, sembra quasi la sceneggiatura di una puntata di quelle serie “medical” che tanto successo riscuotono in televisione. Il set però non è una sfavillante clinica privata statunitense, ma l’ ospedale delle Apuane, come dimostra la storia di Andreina e Guerrino.

Lei ha compiuto 73 anni lo scorso gennaio e ha festeggiato il compleanno in ospedale, dove è ricoverata ormai da un mese, tra i degenti dell’Oncologia. Al suo fianco, notte e giorno, il marito Guerrino, di un anno più vecchio di lei. Un legame speciale quello dei due coniugi, che hanno festeggiato due anni fa le nozze d’oro. Un amore lungo una vita, quasi simbiotico, come ha notato fin da subito il personale sanitario che segue le degenze di Oncologia. Come in ogni serie tv che si rispetti, anche qui, a un certo punto arriva il colpo di scena: martedì mattina, mentre è seduto a fianco della moglie, Guerrino ha un malore. Viene immediatamente visitato e trasferito per le cure del caso in cardiologia. I due sposi si trovano a poche decine di metri di distanza l’uno dall’altra, i medici rassicurano Andreina che però, lontana dal marito, inizia a peggiorare:

«Mi sono accorto che la pressione della signora si stava alzando, cosa che non era mai successa prima» racconta Francesco Bolognini, infermiere del reparto Polispecialistico, che assiste Andreina fin dal suo arrivo al Noa. E proprio il fatto di aver osservato con attenzione e umanità la sua paziente, così legata a quel marito sempre presente, ha “acceso” la lampadina nella testa dell’operatore sanitario, che insieme ai colleghi ha chiesto ai medici di riunire i due coniugi.  Quando le condizioni di Guerrino lo hanno permesso, ieri pomeriggio, è avvenuto l’incontro davanti agli occhi dei due figli, Gino e Berto e in mezzo alla commozione di due interi reparti. Solo una storia strappalacrime? Niente affatto. L’idea di Bolgnini ha dato i suoi risultati anche dal punto di vista medico. «Dopo l’incontro con il marito non solo la pressione della signora Andreina è tornata nella norma, ma la paziente si è sottoposta con maggiore disponibilità a tutta una serie di trattamenti che nei giorni precedenti quasi rifiutava» conferma la dottoressa Mariangela Pedata ematologa che segue le degenze oncologiche. Perché, come chiosa efficacemente il primario di Oncologia Andrea Mambrini, «anche in un ospedale super tecnologico come il Noa,  per curare davvero i pazienti, non si possono trascurare queste attenzioni agli aspetti umani della degenza».