Dopo attento studio del nuovo regolamento urbanistico di Massa, Confartigianato, l’associazione che riunisce artigiani e piccoli imprenditori del territorio provinciale, ha elaborato dodici osservazioni sulle norme tecniche di attuazione al RU. Non sono tantissime, ma sono così puntuali e precise nel toccare alcuni campi minati di questo RU, che peseranno come macigni sul lavoro che i tecnici del comune dovranno compiere nei prossimi anni. Le osservazioni di Confartigianato, come spiegatoci da Emil Turba, presidente degli edili, si occupano di cambi di destinazione d’uso, perequazione, norme impiantistiche e zona industriale. Cambi di destinazione. I piccoli artigiani abbracciano in pieno la filosofia del Ru, per cui si privilegiano gli interventi sull’esistente, rialzi, frazionamenti, adeguamenti, ristrutturazioni, per evitare il consumo di nuovo suolo, e quindi evitare nuove costruzioni. Il comune, però, secondo Confartigianato, con questo RU non incentiva ad intervenire sull’esistente: dare ai cittadini la possibilità di cambi di destinazione d’uso, verso il residenziale, avrebbe secondo Confartigianato messo in moto l’economia locale e tolto dal degrado e dall’abbandono strutture ormai vecchie e non utilizzate.

Nel Regolamento c’è scritto che il cambio al residenziale è permesso esclusivamente in strutture dove esista già il 30% di residenziale e mai ai piani terra. «Evitare di costruire appartamenti ai piani terra- dice Confartigianato- va bene per i centri storici, dove è giusto tutelare fondi da dedicare alle attività commerciali, per impedire che la città si svuoti di lavoratori e di utenti; troviamo però assurdo che questa formula sia stata generalizzata a tutto il comune di Massa». Le periferie, spiega Confartigianato, sono piene di fondi a piano terra, oramai sfitti, che non possono diventare appartamenti e che rischiano di rimanere vuoti per sempre; Massa è piena di strutture, come vecchie segherie abbandonate (quelle sotto il ponte di Trieste ad esempio), oppure capannoni fatiscenti inutilizzati o palazzi di ex uffici, fabbricati a destinazione medico- sociale (come in via Bastione e accanto al Sert) che non avranno più alcuna funzione strategica, ma che, non avendo mai avuto vocazione residenziale ( non ci sono mai stati dentro appartamenti) non potranno ottenere il cambio di destinazione d’uso.

«Così la città muore, il degrado aumenta, e chi vorrebbe investire un po’ di soldi per ricavare un appartamento da un garage, ad esempio, non potrà mai più farlo». Confartigianato dice sì ai cambi di destinazione d’uso (con la tutela dei piani a terra in zone specifiche), per il recupero di fabbricati non più utilizzati, abbandonati o non più strategici. Perequazione.

È la spina nel fianco di questo Regolamento urbanistico: la perequazione, secondo molti, non funziona e non è stata applicata con i giusti crismi. Lo pensa anche Confartigianato che ha messo nero su bianco gli errori di conteggio fatti dai tecnici e progettisti, sollevando dubbi sulla possibilità che il comune riesca a realizzare le opere pubbliche che ha previsto nei vari ambiti con il contributo dei privati in perequazione. Ciò che il comune ricaverebbe dalla perequazione, quindi dai privati, non basterebbe, pare, a coprire i costi delle opere pubbliche previste. Inoltre, secondo Confartigianato il comune avrebbe commesso un errore a monte: il costo di costruzione è stato calcolato sulla base dell’edilizia residenziale pubblica, che ha costi inferiori a quella privata, mentre i costi di vendita sono stati stimati superiori a quelli dell’Omi (Osservatorio del mercato immobiliare), calcolati in circa 3000 euro al metro quadrato, quando a Massa si vende a circa 2000 euro (se si vende). Il comune pretende il 20% dell’utile lordo che i privati ricavano a queste condizioni. Un errore palese: i costi di costruzione sono stati previsti inferiori al reale e quelli di vendita superiori al reale. Impiantistica. Confartigianato si sarebbe aspettata agevolazioni fiscali per i costruttori impegnati ad investire in case di categoria alta, come la fascia B, invece non c’è nessuna differenza per chi spende più soldi nell’impiantistica a risparmio energetico e che dovrebbe poter ammortizzare quella spesa in un tempo congruo. Confartigianato chiede il 10% di sconto sugli oneri di urbanizzazione in questo campo. Lottizzazione. Infine uno sguardo attento alla zona industriale e alle piccole e medie imprese che necessitano di frazionamenti adeguati alle loro possibilità. Oggi, in zona industriale si possono comprare lotti non inferiori ai 2000 metri quadrati, quando ad un artigiano ne basterebbero 500 metri per la sua attività di piccola impresa.

«Nessuno dei nostri associati può permettersi un capannone su 2000 mq di terreno», commenta Confartigianato che risolleva anche un altro tema spinoso e mai risolto, quello dei prezzi delle aree produttive sul nostro territorio che sono decisamente più alti rispetto a a molte altre zone. «Senza contare – dice infatti l’associazione a proposito dello sviluppo del tessuto della pccola impresa – la questione dei costi proibitivi della nostra zona industriale: 800, 1000 euro a metro quadrato per capannoni nuovi,

100, 150 euro al metro per i soli terreni, quando appena fuori provincia si viaggia attorno a cifre più che dimezzate, 40, 50 euro al mq. Il risultato- conclude- è che gli artigiani non possono rinnovarsi, non possono investire, qualora ne avessero la possibilità e l’economia rimane ferma»

 

il tirreno