Una spesa che superava i venticinquemila euro, un cliente conosciuto e quindi affidabile. Così alla gioielleria Ferrari si sono fidati di quell’acconto in contanti di 4.500 euro e hanno accettato che il resto venisse saldato con assegni firmati dai nonni dell’uomo che aveva fatto incetta di oggetti preziosi da regalare. Invece dopo poco hanno scoperto che Massimo Ricci non avrebbe mai onorato l’impegno preso perché quegli assegni erano relativi a conti correnti che erano già stati chiusi da anni, alcuni facevano riferimento alle lire. Come ha testimoniato un parente di Ricci, lo zio: «I miei genitori non hanno mai firmato quegli assegni, ve lo posso assicurare».
L’imputato invece insiste sulla sua buona fede: ha acquistato quei monili e aveva tutta l’intenzione di pagare, anche perché alla gioielleria Ferrari – i titolari si sono costituiti parte civile – lo conoscevano perfettamente, visto che aveva comprato altre cose e quindi sapeva di non poterla fare franca. Fatto sta che quegli assegni sono subito risultati strani al cassiere quando sono stati portati all’incasso. Se ne saprà di più nella prossima udienza
il tirreno