Alle otto di mattina in assemblea straordinaria per decidere come farsi sentire, mentre in prefettura, a partire dalla 10, la Eaton incontra il prefetto Giuseppe Merendino, il sindaco di Massa Roberto Pucci e i rappresentanti della provincia. “Manifestazioni nell’ambito della legalità” si è raccomandato il prefetto, forse avendo captato qualche voce che dà per certa una “ribellione” dei lavoratori, rimasti in silenzio fino ad oggi. La Eaton ha confermato la sua presenza ed è proprio ai rappresentanti italiani della multinazionale che gli operai grideranno la loro rabbia. Qualcuno si aspetta una sorta di “presa della Bastiglia”, d’altro canto una valvola di sfogo i lavoratori ce la devono pur avere. Rimangono, per il momento, inviolati i confini della fabbrica, l’area macchinari, ormai spoglia, ma interdetta ai lavoratori da due anni, da quando cioè la Eaton iniziò le procedure di chiusura dello stabilimento, trasferendo la produzione in Polonia. Il 10 dicembre del 2008, le sigle sindacali, le istituzioni e la Eaton firmarono un accordo nel quale ognuno si impegnava a fare la sua parte: la Eaton concedeva la cassa integrazione straordinaria con un surplus, erogato direttamente da lei, per ogni lavoratore; gli operai si impegnavano a non intralciare le manovre di chiusura dello stabilimento, l’uscita dei macchinari, l’ingresso dei dirigenti. Nel documento che oggi verrà ripresentato all’attenzione della Eaton c’è anche un passaggio che riguarda la cassa in deroga: “le parti concordano che il termine entro il quale far cessare il rapporto di lavoro si identifica con la chiusura della cassa integrazione straordinaria o alla data successiva in caso di eventuale ricorso alla cassa in deroga”. Secondo le sigle sindacali il documento attesterebbe una precisa posizione dell’azienda in merito alla cassa in deroga, ma secondo i tecnici, il cavillo c’è, ovvero non si leggerebbe nessun impegno preciso, nessuna assunzione di responsabilità, solo una accettazione di una probabile evenienza. Vero è che la cassa in deroga verrebbe erogata dalla regione Toscana, che nel 2009 ha ricevuto fondi nazionali da destinare agli ammortizzatori sociali, ma è altrettanto vero che la cassa in deroga rappresenta un costo anche per l’azienda, circa 1 milione di euro, dai conti fatti sul numero degli operai, per tenere in vita un altro anno 304 anime.