Amici di Antenna 3 buongiorno,

avete anticipato a Massa, e in tempi non sospetti, l’operazione fiato sul collo dei MeetUp di Beppe Grillo trasmettendo le sedute del consiglio comunale. Iniziativa lodevole.
In una di queste sedute, avvenuta due o tre giorni fa, non ricordo bene, sono stati votati una serie di emendamenti in merito alla richiesta di finanziamenti della Regione Toscana a favore di progetti di risparmio energetico. Iniziativa più che lodevole. Premetto che mi sono sintonizzato in ritardo alla trasmissione televisiva e ben presto ho cambiato canale. Non per mancanza d’interesse negli argomenti, ma per la pochezza del dibattito.
Mi aspettavo di sentir parlare di efficienza energetica degli edifici pubblici o di riconversione di illuminazione pubblica a luce led. Nulla di tutto ciò. Nel periodo in cui ho assistito alla seduta del consiglio si è parlato di richiesta di finanziamento di una centrale a biomasse.
Da tecnico so che se devo produrre energia (elettrica?) usando una fonte che non sia il sole, il vento o un salto d’acqua devo bruciare qualcosa. Serve quindi un forno combustore e una caldaia.
Quindi, se si parla di centrale a biomasse, sarebbe più corretto parlare di centrale termica alimentata a biomasse. Sia che il materiale vegetale sia triturato e bruciato direttamente, sia che le biomasse siano prima convertite in gas metano tramite opportuni impianti.
La seduta si è animata quando, il nostro sindaco Roberto Pucci (ingegnere) ha risposto ad alcune perplessità che arrivavano dal consiglio. Il sindaco si è slanciato in una sentita spiegazione su come dovrebbe essere alimentata la centrale termica (a biomasse). Ad essa dovrebbero essere convogliate tutte le potature dei vigneti del Candia nonché tutto il materiale che deriverà dalla potatura e dalla pulizia dei boschi di castagno delle nostre montagne.
Il sindaco sottolinea che il bosco abbandonato a se stesso non è una risorsa, anzi, può diventare un pericolo. Soprattutto dal punto di vista idrogeologico e degli incendi.
Inoltre, col servizio di raccolta, si creeranno nuovi posti di lavoro. Se poi aggiungiamo il risparmio di fonti di energia non rinnovabili abbiamo preso tre piccioni con una fava. Risultato che sorpassa del 50% il ben noto detto popolare. Aggiungiamo poi che sicuramente ci sarà un direttore della centrale, l’energy manager e, perché no, il direttore del servizio di raccolta e tutta la gestione degli eventuali appalti. Altro lavoro dunque!
Sicuramente sono stato disattento oppure non ho capito bene, ma il sindaco non ha fornito al consiglio altre informazioni; forse un po’ più attinenti alla questione. D’altra parte nessuno dell’assemblea ha fatto domande o proposto emendamenti un po’ più interessanti di quanto esposto dal sindaco.
Per esempio: ammesso e non concesso che si parlasse anche solamente di uno studio di fattibilità, nessuno ha chiesto da quanti MWh dovrebbe essere la taglia della centrale termica. Produrrà energia elettrica oppure solamente calore per riscaldamento?
Sicuramente non sarà una grande centrale come quelle di La Spezia o Piombino che consumano diverse centinaia di tonnellate di combustibile all’ora. Ipotizziamo che la centrale sia da 4 MWh e  considerando che i moderni impianti hanno un rendimento di circa il 60% per alimentare una centrale simile servirebbero circa tre o quattro viaggi di grossi camion al giorno carichi di buon combustibile legnoso. Circa un migliaio di camion all’anno o poco più.
Si noti che, non a caso, ho citato i 4MWh. È la taglia del cogeneratore che, per esigenze produttive, fu installato anni fa nella fabbrica Bario-Solvay di Massa. Era alimentato a gas metano. Fonte di energia non rinnovabile, ma molto pulita. Bruciando produce vapor acqueo e anidride carbonica. Ricordo che all’epoca le polemiche furono infinite così come i dibattiti e le spiegazioni pubbliche.
Torniamo però alla nostra centrale e affrontiamo l’aspetto, interessante, della manutenzione boschi. Il sindaco è un buon camminatore, spesso l’ho incontrato in diverse passeggiate. Si è mai avventurato nei nostri boschi anche solamente in cerca di funghi o per raccogliere castagne? È la stagione giusta. Se non c’è mai stato ci vada nei boschi e si renderà conto quanto sono ripidi i fianchi delle nostre montagne.
A questo punto le domande: come ha intenzione di trasportare a valle il legname raccolto? Creando nuove strade? Costruendo monorotaie? C’è intenzione di creare una stalla comunale per i muli da soma che percorreranno così viottoli e mulattiere già presenti, ma da ripristinare prima dell’uso?
A scuola mi hanno insegnato che il bilancio energetico ed economico si fa tenendo conto di tutti i fattori che intervengono in un sistema.
Quindi altre domande: come saranno abbattuti i fumi? E le ceneri dove saranno portate? Con quali costi di smaltimento?
Temo che i benedici saranno più ambientali e di gestione del territorio, cosa sempre da tener in conto, che economici. È forse previsto un aumento delle tasse comunali per compensare i costi di gestione?
Attenzione, stiamo parlando di 4 MWh e quindi si parla di tre o quattro camion di materiale al giorno. Forse cinque. Comunque non molti, ma che richiedono un bel lavoro di raccolta. Ripeto: ben venga se servirà anche a mantenere coltivati i boschi.
E se la centrale sarà più grande? Sicuramente ci sarà l’intenzione di provvedere alla raccolta dei residui di lavorazione delle falegnamerie. Sicuramente si dovrà allargare alla Lunigiana ed alla Garfagnana il bacino di raccolta..
Appare dunque evidente che per una piccola centrale termica si potrà parlare di realizzazione dell’impianto nella Zona Industriale. Se invece la centrale fosse più grande appare più ovvia la sua localizzazione in zona baricentrica tra Lunigiana e Garfagnana. Per esempio Aulla o nelle vicinanze.
A meno che?
A meno che la centrale sia costruita in modo tale da poter bruciare insieme al legname oppure anche direttamente materiali che non siano biomasse. Per esempio bricchette da rifiuti. In questo modo le bricchette prodotte nell’impianto di trattamento rifiuti della zona industriale avrebbero un bel forno per essere bruciate. Occorre dire che non tutti i forni sono uguali e per bruciare bricchette bisogna che l’impianto sia costruito prevedendo anche questo tipo di combustibile. Ora più che mai bisogna tenere gli occhi aperti. Dal punto di vista ambientale il nostro territorio ha già dato. Molto!

Amici anche voi abitate a Massa. Qui avete le vostre famiglie. Io, fossi in voi, qualche domanda al sindaco la farei.

Cordiali saluti

2 pensiero su “Piano Energetico Comunale – riceviamo e lasciamo ai commenti sul blog”
  1. Gli inceneritori truccati

    Cos’e’ un termovalorizzatore a biomassa:

    Attualmente gran parte degli impianti alimentati con biomasse utilizzano sottoprodotti o rifiuti di altre lavorazioni.

    ALCUNI ESEMPI :

    impianti che utilizzano come combustibile legno ricavato dal bosco e dagli scarti industriali del settore legno ed arredamento (gli scarti prodotti in Italia nel 1997 sono stati pari a 6.1 milioni t/a -fonte Federlegno Arredo )
    impianti che utilizzano biomasse da rifiuti urbani. Si parla ormai di termovalorizzazioni e, rispetto a tempi precedenti in cui gli impianti distruggevano in maniera indifferenziata i rifiuti, oggi i moderni inceneritori trasformano in energia solo una frazione selezionata del rifiuto solido urbano, al termine di un processo che prevede :
    la raccolta differenziata
    la separazione mediante trattamenti meccanici della frazione organica biodegradabile da quella combustibile
    la combustione e la produzione di energia
    La frazione che viene inviata alla combustione è costituita, oltre che dalle plastiche, da scarti di origine vegetale, essenzialmente da carta e cartone (cioè prodotti derivati del legno) e pertanto viene di fatto paragonata alle fonti rinnovabili.
    impianti che utilizzano scarti di lavorazioni agro-alimentari, quali lolla, paglia, sansa ed i noccioli di oliva, gli scarti della produzione del vino, come anche i semi della frutta utilizzata per i succhi e i gusci di nocciola.

    Come si prende in giro la gente:

    Lo sviluppo futuro dovrà portare, oltre che ad un migliore sfruttamento di queste risorse, alla realizzazione di coltivazioni (le colture energetiche) su ampia scala destinate solo ed esclusivamente alla produzione di biomasse ad uso energetico, in modo tale da creare una filiera produttiva che interessi il mondo agricolo-industriale ed energetico.

    LE COLTURE ENERGETICHE

    Le colture energetiche sono coltivazioni destinate a fornire biomassa per la produzione di energia elettrica e/o termica. Si possono dividere in specie legnose ed erbacee.

    Tra le erbacee si distinguono le annuali (girasole, colza, kenaf,sorgo,topinambur) e le perenni (myscantus, canna).

    Le specie legnose sono perenni e sono state individuate tra quelle a migliore produttività in biomassa e per la capacità di ricrescita dopo la ceduazione.

    Le tecniche moderne di coltivazioni (“Short Rotation Forestry”) hanno massimizzato la densità di impianto per ettaro coltivato e tendono a ridurre ad un biennio o addirittura ad un anno il ciclo di raccolta della biomassa .

    L’alta densità di impianto e il ciclo di raccolta così breve consentono di ottenere elevate produzioni con piante aventi un fusto di diametro ridotto, condizione necessaria per una meccanizzazione spinta della raccolta, che prevede con una sola operazione sia il taglio che la cippatura (riduzione del legno in pezzi con dimensione massima di circa 5-8 centimetri).

    Da questo punto di vista la raccolta della biomassa si avvicina a quella di colture agricole tradizionali (si pensi ad esempio alla trinciatura del mais)

    SPECIE PER BIOMASSE

    Le specie utilizzabili per la produzione devono avere come principale valenza agronomica l’elevato tasso di crescita, non essendo richieste altre particolari caratteristiche qualitative del prodotto. E’ peraltro consigliabile orientarsi negli ambienti mediterranei verso quelle specie che manifestino particolare adattabilità e tollerabilità alle varie situazioni sia pedoclimatiche che biologiche (resistenza ai vari infestanti, parassiti, agenti patogeni) che possono ridurre l’efficienza produttiva. Per questo motivo si ritiene che specie autoctone possano garantire meglio di altre i risultati attesi.

    SPECIE IDONEE ALLA COLTIVAZIONE DI BIOMASSE IN ITALIA

    Pioppo (populus alba, populus nigra, populus deltoides e populus euramericana) : tra questi il populus alba ha dato i migliori risultati, sia per la sua resistenza alle malattie, sia per la sua peculiarità di ricacciare polloni dopo la ceduatura.

    Salice : tra le varie specie di salice quella che ha dato i migliori risultati è l’alba salix. Non si presta ad essere coltivato in terreni ricchi di calcare.

    Eucalipto : questa specie per la sua caratteristica di risentire le basse temperature si presta molto meglio a coltivazioni nel Centro e nel Sud Italia. L’eucalipto ha inoltre manifestato una buona resistenza alla siccità, buona capacità di accrescimento e pollonifera..

    Robinia (robinia pseudo-acacia) : si presta bene a coltivazioni in aree collinari e ha una buona capacità di pollonare. Rappresenta inoltre una buona alternativa agli ibridi di pioppo in quanto ha una migliore adattabilità e capacità di sopravvivenza ai diversi ambienti, anche marginali. nonchè una maggiore resistenza alle malattie.

    Canna comune (arundo donax)

    Myscantus : pianta utilizzata per la produzione di fibre per l’ industria cartaria ; ha dato discreti risultati per la sua produttività.

    Caratteristiche indicative di alcune Biomasse per la produzione di energia:

    TIPO
    produttività t/ha
    produttività t/ha produttività t/ha s.s. %
    P.C.I.

    1 anno 5 anni 10 anni tal quale kCal/kg
    Sorgo
    18
    25
    30
    30
    4200

    Kenaf
    15
    15
    20
    30
    4100

    Miscantus
    18
    20
    25
    70
    4200

    Arundo Donax
    22
    25
    30
    60
    4200

    Topinambur
    10
    15
    20
    70
    4100

    Ginestra
    6
    8
    10
    50
    4300

    Robinia
    15
    15
    22
    50
    4300

    Pioppo
    30
    55
    50
    50
    4200

    Salice
    18
    20
    22
    50
    4200

    Paglia
    3
    4
    4
    85
    4100

    Stocchi di mais
    8
    8
    8
    40
    4100

    Stocchi di girasole
    4
    4
    4
    60
    4300

    Potature di vite
    1,5
    2
    2
    50
    4100

    Sansa

    70
    4100

    Lolla

    85
    3600

    Cosa succede nella realta’:

    esempio n. 1

    A PROPOSITO DI INCENERITORI-TERMOVALORIZZATORI
    L’Unione Europea boccia l’inceneritore di Brescia

    La Comunità Europea ha messo in mora l’inceneritore di Brescia, quello che viene proposto come esempio per il futuro inceneritore, o termovalorizzatore come pomposamente lo chiamano, di Rivalta Scrivia.
    Il motivo?
    Per assicurarsi maggiore snellezza burocratica la ASM (Azienda Servizi Municipali) aveva assicurato che sarebbero state bruciate solo biomasse, cioè materiale organico, costruendo a tal fine un separatore nella vasca di raccolta dei rifiuti.
    Invece all’inceneritore sono arrivati da tutta Italia soprattutto rifiuti speciali, in particolare pulper di cartiera proveniente dalla lavorazione della carta da riciclo, rifiuti industriali e agroindustriali.
    Ora naturalmente la ASM giurerà che si è trattato di un disguido, e che in futuro si atterrà alle normative, almeno fino alla prossima messa in mora, ma ribadirà che, visto che l’inceneritore ormai c’è, bisogna pur continuare a farlo funzionare.
    Le previsioni che le associazioni ecologiste avevano fatto si sono avverate:
    • l’impianto di Brescia era stato costruito per soddisfare le esigenze della provincia, 500.000 tonnellate annue, ed è stato poi ampliato per raggiungere le 750.000 annue, con previsione di ulteriori aumenti se gli affari vanno bene;
    • pur di farlo funzionare a tempo pieno si è finito per incenerire qualunque rifiuto, soprattutto quelli che danno un maggior guadagno;
    • Brescia è diventata una città con una delle più elevate contaminazioni al mondo da PCB e diossine;
    • le casse della ASM (privatizzata) si sono arricchite, la salute dei cittadini si è impoverita..
    A Tortona siamo ancora in tempo!
    I nostri amministratori, avevano preso Brescia come modello per la trattazione dei rifiuti, a partire dall’inceneritore per finire alla privatizzazione della ASMT (non è un mistero che la ASM di Brescia sia interessata all’acquisto o a qualche forma di partecipazione).
    Ora, mostrando un po’ di umiltà, ci ripensino e accettino di discutere delle altre modalità di trattamento dei rifiuti che, nella loro completa indifferenza, da tempo stiamo loro proponendo.
    A proposito, lo studio commissionato alle università sulla localizzazione dell’inceneritore è misteriosamente secretato da più di un anno; che cosa non si vuol far sapere ai cittadini?

    Comitato contro l’inceneritore di Tortona

    esempio n.2

    Produrre basilico biologico per bruciare rifiuti

    La società BioAgri-Energia Srl ha chiesto l’autorizzazione per la produzione biologica di basilico. Sì: b.a.s.i.l.i.c.o. Tale coltivazione sarà fatta in serre “alla cui illuminazione artificiale e al cui riscaldamento si provvede(rà) mediante l’utilizzo di una centrale di cogenerazione alimentata a biomassa”. Molto pomposa e deviante la dizione utilizzata dalla società nel suo progetto, ma si tratta di un inceneritore che verrà alimentato “principalmente” con “residui di lavorazione delle industrie agroalimentari” e con materiale derivante da “pulizia dei boschi e difesa idrogeologica dei fiumi e delle coste” (?) per produrre energia elettrica, calore e vapore che dovrebbero essere utilizzati solo per le serre.La giunta provinciale ha autorizzato, il 30 dicembre 2003, la realizzazione, a Mulazzo, di questo micidiale inceneritore mascherato da attività ecologica.

    Un inceneritore mascherato

    Il progetto, presentato dalla società alla provincia, per le autorizzazioni, è particolareggiatissimo sui metodi per coltivare, mettere in vaso, umidificare, commercializzare, mettere a dimora il basilico; si dilunga su come devono essere gli impianti delle serre, le opere infrastrutturali, gli impianti associati, le capriate, i pali, i canali, le testate, la copertura, la tamponatura, i divisori interni, la linea di smaltimento delle acque, la posa in opera del pavimento, l’impianto di ombreggiamento, quello di irrigazione automatizzato, gli ugelli di regolazione completi di antigoccia, ecc. (l’elenco continua per decine di pagine), ma quando si arriva a parlare della “Centrale di cogenerazione a biomasse da 5 Mwe”, stranamente, domina la reticenza. Al posto della relazione, alcune pagine di brevi slogan a caratteri cubitali e disegni elementari dell’impianto; specchietti per le allodole. Ma c’è una parola che svela il trucco degli slogan utilizzati per far credere che verranno bruciati solo legna, foglie secche e sfalci di prato: non si dice infatti che la Centrale verrà alimentata solo a biomasse, ma “principalmente” a biomasse. Cosa significa “principalmente”? Che in realtà l’impianto può essere alimentato anche con altri combustibili. Quali? Moltissimi, dagli oli pesanti alle bricchette, tanto per essere spicci. Già un inceneritore a biomasse inquina molto. Chi ha un camino in casa, sa quanto fumo e nerofumo produca. Una centrale di questo genere ne produrrà, ovviamente, in quantità industriali, anche se si tenterà di minimizzare, dicendo che, raggiungendo temperature molto più alte di un normale camino o di una stufa a legna, la sua combustione sarà molto più radicale. Il business di operazioni come questa non sta affatto nel bruciare biomasse, di difficile reperimento e costose per la movimentazione, lo stoccaggio e il trattamento che richiedono, oltre che, spesso, di scarso potere calorifico. Non va dimenticato che il grosso inceneritore del Pollino, a Pietrasanta, è stato autorizzato e collaudato come inceneritore a biomasse, ma, non essendoci le biomasse a disposizione (guarda caso!), oggi brucia rifiuti sotto forma di cdr (l’equivalente sfuso delle bricchette) prodotto dall’impianto di Gallicano a Massarosa. Dove saranno finiti i Paladini della Versilia? Un grosso inceneritore a Pietrasanta, altri più piccoli sparsi nella provincia, l’impianti di bricchettaggio ad Avenza, ma loro, intrepidi, pensano al porticciolo turistico. Forse per non polemizzare con la giunta di destra di Pietrasanta?

    “Principalmente” biologico

    E’ qui che entra in gioco il “principalmente”: se non si troveranno nel mercato le biomasse, la centrale verrà alimentata con qualcosa d’altro. E siccome in provincia ci saranno, tra poco, ben due impianti di bricchettaggio, di cui uno, quello di Albiano, da 90.000 tonnellate annue, finirà che il basilico (rigorosamente biologico) verrà fatto crescere con l’energia, il calore e il vapore prodotto con le bricchette.

    Questi piccoli inceneritori sono solo l‘avanguardia di impianti molto più grandi. Per Avenza, una società genovese aveva proposto, già nel ‘98/’99, la realizzazione di una centrale (da 400 Mwe) a biomasse, per produrre energia elettrica e vapore. Impensabile reperire in provincia la quantità enorme di biomasse che un tale inceneritore avrebbe richiesto. Facile prevedere che, una volta entrato in funzione, avrebbe ottenuto, per mancanza di biomasse, l’autorizzazione e bruciare altri combustibili rinnovabili, come le nocive e poco costose bricchette, rigorosamente antibiologiche.

    E se manca il biologico?

    Bricchette

    Niente vieta perciò che, tra qualche tempo, la Società BioAgri-Energia Srl, adducendo la non economicità della Centrale chieda l’autorizzazione ad ampliarla e ad utilizzare bricchette, pena la cessazione delle proprie attività e il licenziamento dei dipendenti. E’ una storia già accaduta, nel 1980, alla Farmoplant che, con questo ricatto, potè raddoppiare la potenzialità del suo inceneritore.

    La società Bio-Agri-Energia, per alimentare questa centrale, dovrebbe accaparrarsi, ogni anno, almeno 76.000 tonnellate di legname delle 100.000 che possono essere ricavate dai boschi della nostra provincia. Obiettivo difficilmente raggiungibile, anche in considerazione del fatto che le centrali a biomasse, in Lunigiana e a Massa Carrara, sembrano diventate il business del momento.

    Un altro inceneritore mascherato

    La società Aerimpianti SpA ha proposto, per Villafranca, un’altra centrale a biomasse per la vendita di energia elettrica e termica, da circa 10 Mw. Non si sa se il progetto sia andato in porto. Ma dove trovare le biomasse necessarie, il doppio circa delle 76.000 tonnellate necessarie per una da 5, se. complessivamente. la provincia ne produce 100.000? Inevitabile il ricorso alle bricchette, anche se si fa finta di credere e si vuole far credere alla popolazione che possa bruciare solo biomasse, che, comunque, innocue non sono, neanche loro. Anche perché, conti alla mano, nel progetto della centrale di Villafranca, c’è scritto che per “il recupero e la movimentazione esterna delle biomasse” ci vogliano 7 operai, divisi su due turni. Se si utilizzassero le bricchette o il Cdr il numero degli addetti alla loro movimentazione si ridurrebbe quasi a zero.

    Manca la “V.I.A.”, grazie a Ronchi. Ma l’Europa la pretende

    Naturalmente per autorizzare queste centrali a biomasse (ma anche a bricchette, quando le biomasse non ci sono), la provincia non ha mai chiesto la valutazione di impatto ambientale (Via), applicando, erroneamente, gli sciaguratissimi e devastanti decreti dell’ex Ministro verde per l’ambiente Ronchi. Una recente sentenza della commissione dell’Unione Europea ha sconfessato sia una parte del Decreto Ronchi (art. 31 e 33 DL 22/97) che estendeva la procedure semplificate (esonero dal Via) per le autorizzazioni, agli impianti di incenerimento di rifiuti se destinati al recupero energetico, sia il DPCM 3.9.1999, sempre di Ronchi, che estendeva le procedure semplificate agli impianti di incenerimento alimentati a biomasse. Si tratta, né più né meno, di inceneritori, ha decretato la Comunità europea e quindi, per autorizzarli, occorre il Via.

    Ecoapuano

  2. Corsi e ricorsi della cronaca locale. Ogni due anni si parla sempre delle stesse cose. Quasi che la gente dimentichi. Oppure è proprio così?

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