L’attività estrattiva è proseguita fino a pochi giorni fa nonostante l’autorizzazione paesaggistica fosse scaduta dal 2015 e quella all’escavazione da giugno di quest’anno e a fronte della diffida formulata dal Comune di Fivizzano nel mese di agosto. Lo hanno scritto nero su bianco i Carabinieri Forestali e i Guardia Parco nella nota inviata alla Procura della Repubblica, sulla base della quale è stato disposto il sequestro di una delle tre cave poste ai piedi del Sagro. Si tratta di Cava Vittoria, il sito gestito da Aleph Escavazioni, la srl di cui sono soci al 25% Fabrizio Santucci e al 75% Lucio Boggi, ex consigliere comunale del Pd che ne risulta essere anche l’amministratore unico.

Secondo gli inquirenti, «la cava, ubicata in area contigua al Parco regionale, ha effettuato l’escavazione di materiale lapideo in difformità rispetto al progetto a suo tempo autorizzato, abbassando la quota dei piazzali di ben 12 metri rispetto a quanto previsto ed estraendo così in modo completamente abusivo, circa 97.000 tonnellate di blocchi di marmo e materiale derivato, ricavando un illecito profitto che ammonterebbe ad alcuni milioni di euro»

Ma a cava vittoria sono state rilevati anche gravi lacune sulla sicurezza, con la mancata attuazione degli interventi prescritti da Asl su una tecchia e la prosecuzione delle attività anche nelle aree a rischio nonostante lo stesso provvedimento prescrivesse di sospendere i lavori al di sotto di tale parete.

Interpellato sulla vicenda Lucio Boggi si è detto “allibito” e, in riferimento alla contestazione sui materiali estratti abusivamente, “97mila tonnellate equivalgono a 3250 camion, oltre quelli realmente transitati”.

Le cave del Sagro, lo ricordiamo, sono state a lungo alla ribalta delle cronache locali soprattutto per l’impossibilità di conferire a valle i materiali di risulta dell’attività estrattiva, visto il divieto al transito dei camion imposto prima sulle strade di competenza del comune di Carrara, nel 2012, poi anche su quelle di Fosdinovo, per problemi di smottamenti. Proprio a sequito di questo provvedimento, i due Comuni, insieme alla provincia e all’ente parco, avevano ipotizzato la realizzazione di una strada ad hoc attraverso i bacini marmiferi. Un progetto molto contestato anche per l’elevato impatto ambientale dei siti esrattivi che si trovano sopra i 1200 metri di altitudine e in area contingua al Parco Regionale delle Alpi Apuane.