01-A_WEBÈ un’inversione dei ruoli e l’avvocato siede sul banco degli imputati. A processo, con l’accusa di aver evaso milioni di euro, c’è Claudio Lalli, carrarese, re degli avvocati giuslavoristi.
Secondo la Procura avrebbe dichiarato redditi inferiori a quelli reali per circa nove milioni di euro assicurandosi un bello “sconto” su Irpef ed Iva. In particolare, in un quinquennio, dal 2007 al 2011, avrebbe evaso l’imposta sul reddito per 3 milioni e 656.000 euro. Evasione anche sull’imposta del valore aggiunto – almeno così sostiene l’accusa – per oltre 1,6 milioni. Insomma, l’avvocato in cinque anni, dichiarando un guadagno inferiore al reale, avrebbe risparmiato 5,2 milioni di tasse.

Un processo, quindi, che vede imputato uno dei nomi più importanti del foro apuano, ex legale della Cgil. Processo su cui, però, incombe la prescrizione: il reato contestato, infatti, si prescrive in 7 anni e mezzo. I tempi quindi sono strettissimi, almeno per quanto riguarda le prime dichiarazioni contestate. Il dibattimento è ai primii passi e la strada è davvero lunga: l’accusa cita 140 testimoni e la difesa (avvocati Andrea Corradino e Claudia Volpi) risponde presentando una lista di 1.200 testi. Il 24 febbraio la prima udienza istruttoria e il primo testimone dell’accusa: a rispondere alle domande del pubblico ministero (onorario) Alessandro Rappelli uno dei finanzieri che ha svolto gli accertamenti fiscali e scartabellato tra i documenti contabili del legale carrarese nel 2012.

Alla presunta maxi infedele dichiarazione si aggiunge il procedimento nato da tre ex clienti: contestati 10mila euro

È nell’aprile di quell’anno, infatti, che tutto comincia: la Guardia di Finanza dispone un accertamento nell’ufficio del legale in via Roma, le fiamme gialle passano al setaccio le dichiarazioni dei redditi, qualcosa non torna nei conti, gli occhi sono puntati sulle centinaia di cause che Claudio Lalli ha seguito per conto di centinaia di dipendenti di Poste Italiane (come legale della Cgil). In tutta Italia. I finanzieri ipotizzano che gli introiti derivanti da quella enorme mole di lavoro non siano stati tutti dichiarati; in particolare – secondo i loro calcoli – non sarebbero finiti nelle dichiarazioni di Claudio Lalli 9 milioni di euro. Con conseguente riduzione delle tasse versate nelle casse del Fisco.

Partono le indagini, sono affidate al sostituto procuratore Rossella soffio che chiede – ottiene dal Gip – il sequestro preventivo di beni mobili e immobili. Finiscono sotto sequestro anche le ville di famiglia: quella sulle colline del Marasio, in città, e quella a Porto Cervo. La Procura contesta un’ evasione Irpef di 800.000 per l’anno 2007, 1 milione e 600.000 per il 2008, 430.000 per il 2009, 600.000 per il 2010 e 220.000 per il 2011. Più contenuta la presunta evasione dell’Iva: 300.000 nel 2007, 700.000 nel 2008, 200.000 nel 2009, 300.000 nel 2010 e 106.000 nel 2011. Cifre importanti per la cui evasione Lalli è chiamato a difendersi di fronte al giudice Fabrizio Garofalo. Il processo è alle prime fasi: il pm sta ricostruendo in aula lo svolgimento delle indagini. Difficile, quindi, in questa fase individuare le tesi difensive che si delineeranno, invece , in sede di controinterrogatorio e ancor più quando sfileranno i mille (sempre che il giudice li accolga tutti) testimoni della difesa.

 

 

 

il tirreno