enrico-rossi-300x224«Il fatto sussiste, ma Antonio Delvino non l’ha commesso»: parlano chiaro, le motivazioni della sentenza che assolve l’ex direttore generale della Asl 1 di Massa Carrara dalle accuse che lo avevano colpito a seguito del crac della Asl apuana, con 420 milioni e spiccioli di voragine contabile nascosti dietro pareggi di facciata. Dopo il pronunciamento del febbraio 2014, ecco oggi le motivazioni che hanno portato i giudici a una decisione con cui – dopo il non luogo a procedere verso l’ex direttore generale Alessandro Scarafuggi, anche lui per non aver commesso il fatto – anche Delvino è collocato fuori dalla corolla dei possibili responsabili. 

«Sfoglia sfoglia – osservano i Consiglieri regionali di Forza Italia Stefano Mugnai (Vicepresidente della Commissione sanità) e Jacopo Ferri (che ha presieduto la Commissione regionale d’inchiesta sulla vicenda della Asl 1 di Massa Carrara) – anche l’attività giudiziaria va nella direzione che avevamo sempre ipotizzato a livello politico. I responsabili indicati da Rossi escono di scena uno ad uno – proseguono – e il cerino in mano rimane alla Regione da un lato col tandem Donati-Persiani, dall’altro con il referente politico Enrico Rossi, assessore alla sanità proiettato sullo scranno di governatore della Toscana proprio cavalcando l’onda dei pareggi contabili della sanità toscana». A dirlo, oggi, sono anche le motivazioni che a pag. 64 recitano: «La Regione Toscana con significative anticipazioni di cassa aveva potuto … palesare l’immagine di una Regione virtuosa da sfruttare sotto il profilo politico, che ciò era potuto avvenire anche grazie a quel sistema di vasi comunicanti segnalato dalla Commissione regionale d’inchiesta, in cui vi era una sostanziale coincidenza tra controllori e controllati”. “Nondimeno… era diventato inevitabile lasciare che la situazione (ovviamente ad elezioni regionali celebrate) in qualche modo emergesse cercando di far ricadere le responsabilità su singoli personaggi… che non potevano che essere estranei a quel sistema».

«E allora chi – incalzano gli esponenti di Fi – ha sfruttato politicamente tale situazione o aveva interesse a far ricadere le responsabilità su qualche capro espiatorio? La sentenza indica con estrema chiarezza alcuni protagonisti del sistema sanitario della Regione di quegli anni e di oggi: Carla Donati, all’epoca responsabile finanziario della Regione, Nicolò Persiani, consulente della Regione incaricato di studiare i bilanci in vista della certificazione, e Enrico Rossi». Lette le motivazioni, Mugnai e Ferri rilevano come «i concetti che vi sono espressi non ci stupiscono affatto, poiché sono esattamente quelli che noi abbiamo ripetuto per anni, in sedi istituzionali e non, e che Rossi ha sempre cercato, goffamente per la verità, di negare. Solo che adesso tali concetti non sono più espressi solo da noi, ma sono cristallizzati nelle motivazioni di una sentenza che appalesa l’innegabile verità politica». 

Sono soprattutto tre i punti delle motivazioni su cui i consiglieri focalizzano la loro attenzione. Il primo riguarda le «distonie» che i giudici evidenziano nelle tesi accusatorie (pag. 54) fondate su ricostruzioni la cui credibilità è messa seriamente in discussione dalla sentenza.  «Poi – fanno notare Ferri e Mugnai – c’è il ruolo del tandem Donati-Taitle (Persiani) quale cinghia di trasmissione degli input politici in arrivo dalla Regione nei bilanci della Asl», con tanto di sottolineatura per cui (pagg. 62 e 63) «la ripartizione del Fondo ordinario di gestione non rispecchia i criteri definiti dalla legge 40/2005 […] ma è motivata da scelte politiche ispirate da una logica del tutto diversa e motivate dall’esigenza di “dare un colpetto” a questo o a quell’altro bilancio, opportunamente “riaperti”, a seconda del caso».

«Un’analisi spietata della realtà che emerge dalle motivazioni appena depositate, sovrapponibile alla realtà che avevamo rilevato noi distanti dai faldoni processuali – concludono Mugnai e Ferri – porta a rilevare che l’unico soggetto che aveva convenienza in simili condotte era la Regione Toscana. Eppure Enrico Rossi, conductor della sanità prima da assessore e oggi da governatore, colui che, e lo si evince anche dal tono e dal linguaggio delle intercettazioni, era ed è il dominus della sanità toscana, non è stato sin qui capace di assumersi neppure la responsabilità politica di quanto accaduto e delle sue conseguenze, con un ammanco stramilionario che oggi si riverbera sulla sanità regionale con carenze di tutto, compresi i farmaci negli ospedali, e con fantasiose e pasticciate riforme che mescolano le carte sanitarie. Dal neoturborenziano Rossi che però ancora si professa comunista noi attendiamo ancora le cose di sempre: ammissione delle responsabilità politiche che da queste motivazioni emergono come lampanti. Senza una puntuale e onesta analisi della realtà, e questa è pura teoria marxista che Rossi dovrebbe ben conoscere, non si arriva a nulla. E l’analisi della realtà è impietosa nei confronti di Rossi rispetto alle responsabilità politiche per il tragico buco nei bilanci della asl di Massa Carrara».