L’ unica salvezza è il gioco. Noiosa sopravvivenza è la giornata in cui si è persa la capacità di giocare, come i bambini che la vita se la inventano. Conservarne l’attitudine ci rende coraggiosi e capaci. Capaci come Davide Barbato che con «Play with food» si è creato un mestiere, un futuro e anche un festival. Intorno ai 30 anni si intravede la differenza tra l’essere adulti o tristi e si inizia a remare in una direzione. I Cuochivolanti nascono trasformando «la necessità di avere un lavoro in virtù. Dopo esserci divertiti con il teatro abbiamo iniziato a farlo con il cibo». Uno scambio che non si è mai esaurito. Ingrediente -manipolazione-elaborazione-esecuzione-spettatore «alcuni piatti hanno la stessa drammaturgia di una piece teatrale. Molte creazioni dell’alta cucina contemporanea ne sono un esempio. Sono delle vere e proprie installazioni».
Dei cuochi lui è la «mente» e dietro ai fornelli ci va soprattutto per rubacchiare «i miei pranzi principali sono quelli». Non è vegetariano ma come Einstein è convinto che sia «nel vegetarianesimo il futuro della nostra specie», quindi porzioni di carne ridotte e un’irrefrenabile passione per le verdure; in particolare per «broccoli, broccoletti, cavoli: crudi, lessati, al vapore, gratinati, frullati, cremati… in qualunque modo!». La dimensione attoriale non tradisce alcuna inclinazione dialettale. Ma il nostro non viene da Marte, bensì da Massa Carrara dove, bambino, la nonna andava a prenderlo a scuola per portarlo a far merenda alla pizza al taglio «nel gioco del ricordo il sapore che scalda di più il mio cuore è un cibo da strada che si chiama caldo caldo. Un sandwich di focaccia bianca con dentro la farinata. È il mio teatrino privato di memoria gastronomica».