Nei primi anni di vita si gettano le basi delle capacità cognitive e relazionali dei bambini e dei futuri adulti. Per quanto l’affermazione possa apparire scontata, a questo riconoscimento non corrisponde purtroppo, almeno nel nostro paese, un investimentoadeguato sui bambini nella prima fase del loro ciclo di vita e di apprendimento. L’Italia non brilla nel confronto con altri Paesi europei. La spesa media per i bambini nella fascia fino ai sei anni, infatti, è inferiore di un quarto rispetto a quella media dei Paesi Ocse ed è la metà della spesa media destinata alle classi di età 6-11 e 12-16 anni. L’offerta di nidi pubblici è tra le più basse d’Europa: solo il 12% dei bambini sotto i tre anni ha un posto. Negli ultimi 15 anni più che decuplicato il numero degli studenti stranieri. Lo scrivono Daniela Del Boca, Silvia Pasqua e Chiara Pronzato in un’analisi pubblicata nel primo numero di “Diritti in Classe”, la nuova rivista digitale per i docenti realizzata da Save the Children per promuovere la riflessione sulla scuola italiana. Nel primo numero trova ampio spazio un approfondimento sugli alunni di origine straniera, una delle novità più significative emerse negli ultimi anni nel nostro sistema scolastico. Dal 1996 a oggi, infatti, la loro presenza nelle classi della penisola si è più che decuplicata: 15 anni fa gli alunni con cittadinanza non italiana erano quasi 60mila, mentre nell’ultimo anno scolastico hanno superato quota 700mila. Quanto alla performance scolastica, dall’analisi dei dati europei emerge che i ragazzi italiani ottengono risultati scolastici peggiori dei loro coetanei degli altri Paesi, collocandosi al 33esimo posto per le competenze linguistiche (quart’ultimo peggior punteggio) e al 38esimo per abilità matematiche su 57 paesi (Pisa-Ocse, 2007). Nel nostro Paese, inoltre, il gap tra le performance degli studenti italiani e quelle degli studenti stranieri è maggiore, anche se diminuisce se si prendono in considerazione le seconde generazioni. Tornando all’investimento sui primi anni di vita, le ricercatrici sostengono che l’esperienza al nido influenza i risultati scolastici successivi e aiuta l’integrazione. Da qui la necessità di investire di più sul numero e sulla qualità dei nidi per l’infanzia, perché l’esperienza all’asilo può influenzare i risultati scolastici successivi e favorire l’integrazione dei bambini stranieri.