Festa della Toscana –  Massa -30/XI/2024

INTERVENTO DELL’ ON. VALDO SPINI

Sig. Sindaco, autorità, cittadine e cittadini.

Celebriamo oggi la festa della Toscana, nel giorno il cui il granduca Pietro Leopoldo abolì la pena di morte. Il Granducato di Toscana fu il primo stato a compiere questo atto di civiltà e di giustizia. E sulla base di questo fatto storico il Consiglio Regionale della Toscana celebra oggi questa festa all’insegna della diffusione dei diritti e del ricordo e dell’affermazione del genio e dell’innovazione proprie della nostra Regione.

Non siamo una monade leibniziana isolati dal contesto in cui viviamo. Ecco perché vorrei iniziare salutando la tregua in atto in Libano, auspicando che si sviluppi in una vera e propria pace e che questo possa processo possa estendersi a Gaza, sollevando le condizioni drammatiche di quella popolazione civile e restituendo alle loro famiglia gli ostaggi israeliani, invertendo una spirale di violenza e di vendetta che tanti luti e rovine ha provocato.

Parlare della festa della Toscana qui a Massa, ha peraltro un significato particolare. Significa anche riaffermare una storia, della città e della sua provincia, del tutto peculiare, che tutta la Toscana deve fare propria. Non dimentichiamoci infatti che Massa è stata uno stato, insieme a Carrara.

Si parla dei diritti e una componente fondamentale dei diritti è costituita da quelli delle donne, dall’uguaglianza di genere.

Ebbene vorrei ricordare tre donne che furono fondamentali alla guida dello stato qui a Massa.

La prima è la Marchesa Ricciarda Malaspina che riuscì a rompere il divieto frapposto alle donne nella legge di successione della sua   famiglia, sul modello della legge salica. Giovane, orfana e vedova, con un accorto matrimonio con Lorenzo Cybo, potente famiglia imparentata anche con i Medici procurandosi così importanti appoggi. Si schierò con l’imperatore Carlo V, che dimorò nella Rocca di Massa, e riuscì ad avere da lui l’investitura imperale nel 1529 e fu marchesa di Massa e Signora di Carrara. Il che aprì la strada alla successione alla guida dello stato prima di sua figlia Maria Teresa Cybo Malaspina e poi a sua nipote Maria Beatrice d’Este che furono duchesse di Massa e principesse di Carrara. Il loro governo fu pieno di realizzazioni e di innovazioni nella vita delle città di Massa. Solo qualche esempio: lo statuto delle cave che si deve a Maria Teresa, ma pensiamo anche alla via Vandelli, un’impresa veramente ardita nella ricerca di un collegamento fra l’Italia oltre gli Appennini ed il mare: Pensiamo anche alla vita della città di Carrara, dove fu collocata un’istituzione di grande importanza come l’Accademia delle Belle Arti.

Maria Beatrice d’Este governò in due distinti periodi, prima e dopo il dominio napoleonico dal 1790 al 1796 e, poi, dal 1814 al 1829.

Costruire infrastrutture, governare il marmo e commercializzare quello che è sempre stato un bene prezioso di questo territorio, il marmo, era un programma di innovazione di portata veramente eccezionale.

Tre donne, Ricciarda, Maria Teresa e Maria Beatrice che nel tempo hanno retto lo stato massese è un fatto storico non proprio comune, anche se non isolato, che credo possa e debba essere sottolineato

Il dominio napoleonico pose la città sotto un’altra donna, Elisa Baciocchi, sorella dell’imperatore Napoleone I, prima nel principato di Piombino e Lucca e poi nel Regno d’Etruria. Elisa peraltro fece del palazzo ducale di Massa la sua residenza estiva. Una vera e propria continuità al femminile .

Alla morte di Maria Beatrice, il figlio Francesco IV, annessa Massa al ducato di Modena. Ma i suoi cittadini nel 1859 si ribellarono e si unirono al Regno di Sardegna col plebiscito delle province emiliane.

Sempre a proposito di donne, ricordiamo che il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, nel corso della sua visita ufficiale alla Provincia di Massa Carrara, volle inaugurare al Cinquale al monumento collocato all’inizio della Linea Gotica- -una vera e propria linea di martirio per la nostra provincia-, e quel monumento raffigura le eroiche donne che passavano le montagne col sale per scambiarlo con le derrate alimentari necessarie per la sopravvivenza delle loro famiglie.

L’anno prossimo festeggeremo gli ottant’anni della liberazione della città, celebreremo i tanti caduti nella lotta per la libertà e ricorderemo l’insediamento a Palazzo Ducale come prefetto del comandante dei patrioti apuani, Pietro Del Giudice.

Ma veniamo alla Massa di oggi. La città oggi deve essere consapevole di rappresentare potenzialmente un luogo particolarmente privilegiato: Massa ha il mare, ha il marmo, ha un ambiente naturale di grande pregio, le sue montagne.. Ci sono le attività produttive, il turismo e i servizi e l’ambiente. La grande sfida è coniugarle in un’efficace sinergia. L’eredità della zona industriale e delle sue infrastrutture va utilizzata nel senso dell’innovazione e della mondializzazione delle attività produttive.  Senza innovazione e trasformazione l’economia ristagna. È la grande lezione dei nostri tempi e questo processo è in atto in importanti settori produttivi della città.

Manca a Massa, è vero, l’Università. (Ma questa, dal mio punto di vista è una Felix culpa, visto che ha portato a studiare a Firenze e quindi a farci incontrare, mia moglie, Mariella.)

La mancanza dell’Università deve spingere peraltro a potenziare la rete delle istituzioni culturali della città, proprio per stimolare allo scambio di ricerche e di esperienze. La recente istituzione del Museo Diocesano di Massa va in quella direzione, una direzione da esplorare ulteriormente.

Istituzioni dirette soprattutto a fornire ai giovani strutture e ambienti adatti allo studio, e attività lavorative capaci di mantenerli nella zona una volta terminato il corso di studi. Mi permetto di comunicarvi un recente episodio. Martedì scorso, 26 novembre ero a Torino, nella sala da Ballo del Palazzo Reale, dove la Deputazione subalpina di storia patria, conferiva il premio Giorgio Bouchard ad una massese, Federica Pucci, per la sua tesi di laurea magistrale sul riordino e la valorizzazione del Fondo librario Giorgio Spini donato alla Biblioteca Comunale di Aulla. Una massese premiata a Torino, per un’opera culturale realizzata ad Aulla, relativa ad uno storico fiorentino. Ecco che un rapporto culturale diventa anche rapporto di conoscenza di luoghi e di iniziative con altre regioni italiane..

Del resto, la provincia di Massa Carrara è nel punto di incontro di tre regioni. La Toscana appunto, la Liguria e l’Emilia. Come già fece rilevare il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi proprio nel suo discorso proprio a Massa nel 2004, questa collocazione, lungi dall’essere un elemento di debolezza e di emarginazione, deve invece essere trasformato in un punto di forza.

Un esempio di questa interdipendenza. Com’è noto la Rocca di Massa, simbolo della vostra fierezza e indipendenza, è stata restaurata anche con i fondi della proposta di legge sui Castelli della Lunigiana che potemmo portare al successo. L’attuazione di questa legge a livello nazionale fu resa possibile perché si inverò in un progetto interregionale che comprese le province della Spezia e di Massa Carrara. Oggi, quella del porto di Carrara è un esempio concreto di collaborazione interprovinciale e interregionale.

Vediamo infatti qualche dato sulla situazione economica e sociale. Nel 2023, il tasso di occupazione della provincia era del 66,1% rispetto ad un tasso medio della Regione Toscana del 69,3%, ma il dato provinciale va disaggregato. anche a Massa vi sono settori in cui non si trova sufficiente manodopera. È una contraddizione più generale nel nostro tempo. Per quanto il Pil non disponiamo dei dati provinciali ma abbiamo quelli relativi al valore aggiunto per abitante per l’anno 2021: anche qui il valore è inferiore a quello medio regionale che   è, 29.943 euro pro capite mentre quello provinciale è 23.403 Ma il contributo della città di Massa e dei suoi settori produttivi in termini di Pil  è veramente importante e rilevante. Così come la componente turistica, nel rapporto mare-monti un’aspirazione mai pienamente realizzata.

Ecco che la Festa della Toscana deve diventare anche l’occasione per un’analisi della situazione economica e sociale, di come sviluppare il lavoro e l’impresa, naturalmente in un ambiente sostenibile. Istituzioni locali, istituzioni regionali, istituzioni nazionali devono partire dalla realtà che abbiamo appena osservato per proporsi un nuovo deciso impulso che porti la provincia a nuovi, più alti livelli di occupazione e di reddito.

Lo sviluppo economico è condizionato da realtà oggettive, nazionali e internazionali. Ma è anche frutto di un’attitudine soggettiva, culturale, dallo spirito di intrapresa, dall’etica del lavoro, da una vera coesione sociale, attraverso l’affermazione di quelli che Piero Calamandrei, -che aveva la sua casa estiva al Poveromo-, chiamava i diritti sociali di libertà e cioè di quei diritti alla salute, al lavoro, alla sicurezza sociale, senza i quali di diritti politici di libertà non sono in realtà pienamente goduti.

E senza i diritti sociali di libertà non si è una vera e propria comunità. E se non si vera e propria comunità le iniziative e l’impegno dei singoli non producono tutto il loro potenziale degli effetti positivi.

Festa della Toscana significa quindi non solo ricordare, ma riunire riflessioni, propositi e speranze facendolo tutti insieme. Poi ciascuno proporrà le sue ricette e come vuole un corretto rapporto democratico, lo farà in competizione con quelle degli altri, lealmente per il bene dei cittadini e del territorio. Per questo oggi siamo uniti qui nella riaffermazione del grande patrimonio storico, sociale e culturale della Regione Toscana. Una ricchezza comune cui Massa ha dato un apporto peculiare e speciale, costruito dalle sue donne e dai suoi uomini, fatto di capacità di lavoro e di sacrificio, di caparbia volontà, da persone consapevoli di essere depositari di una storia in cui sono confluite varie culture e tradizioni che sono andate e vanno ad arricchire quelle della regione Toscana.

Un apporto prezioso che questo territorio può offrire ad una festa della Toscana che non vuole essere solo una celebrazione, ma un’occasione per chiamare a raccolta le nostre capacità di ingegno e di innovazione, per delineare un futuro per i nostri figli che torni ad essere di speranza e di fiducia

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