Sabato pomeriggio, i vigili del fuoco bussano alla porta di Daniele Lombardo. La maggior parte del condominio è al mare, ma i Lombardo sono in casa. «Ci hanno detto di raccogliere tutto e andarcene in venti minuti», racconta Daniele. Il problema è un cementificio strutturale sul tetto delle Case Lamaro, vecchi palazzi della Dalmine costruiti negli anni Settanta. Tutte le 22 famiglie devono evacuare, circa 50 persone in tutto. Lombardo, pizzaiolo di professione, vive lì con la moglie e il figlio diciassettenne. Si trovano improvvisamente in strada con una valigia a testa. Alcuni trovano rifugio dai familiari, altri faticano a trovare un hotel in piena estate. «Abbiamo trovato una sistemazione in una stanza dell’hotel al Cinquale, ma non è confortevole», dice Lombardo. «Se ci hanno fatto evacuare in venti minuti, vuol dire che era molto pericoloso stare lì, quindi i controlli andavano fatti prima».
Marco Ciuffi, proprietario di un appartamento da un anno, racconta: «Sabato mi hanno visto arrivare vigili del fuoco e amministratore di condominio. Ci hanno detto di lasciare subito la casa. Io ho trovato sistemazione dai parenti, ma è un disagio, ho una compagna e animali domestici. È rabbia pensare che si poteva prevenire».
Il cedimento è stato scoperto dopo un sopralluogo dell’incendio e dell’amministratore Antonio Cofrancesco per una grossa infiltrazione nell’immobile all’ultimo piano. «I vigili del fuoco hanno ritenuto opportuno evacuare immediatamente. Devo ringraziare il sindaco Persiani, l’assessore Mangiaracina e il consigliere comunale Tarantino per il loro supporto. Per chi non poteva andare dai parenti, è stata trovata una sistemazione in hotel, ma la spesa è a carico degli ospiti».
I lavori di messa in sicurezza partiranno subito, ma per almeno tre o quattro giorni i residenti non potranno rientrare. Anche la seconda palazzina, gemella di quella evacuata, richiederà un intervento. «Non è critico come l’altro edificio, ma serve un intervento per evitare una nuova evacuazione. Il disagio per i residenti è grande, ma hanno capito che era per la loro sicurezza», conclude Cofrancesco.