
L’Associazione Industriali, preoccupata come tutta la comunità locale, auspica che il confronto per il rinnovo del contratto integrativo rientri nei binari di correttezza e di rispetto reciproco e che si ponga fine una volta per tutte all’inaccettabile aggressione nei confronti dei suoi delegati.
In questi giorni sono state riferite cose strumentalmente distorte allo scopo di esacerbare gli animi e di condizionare l’esito delle trattative. La ricerca di ogni accordo presuppone, in primo luogo, che ci sia chiarezza e che i fatti siano presentati in modo corretto. Gli imprenditori del marmo, proprio per stemperare il clima di ostilità, sentono il dovere di chiarire bene alcuni punti al centro delle dispute con le organizzazioni sindacali.
In primo luogo abbiamo sostenuto, come sta succedendo in tutta Italia, che la contrattazione sui premi deve essere definita a livello di singole aziende. La strenua difesa di premi uguali per tutti a prescindere dalle reali possibilità delle imprese è semplicemente anacronistica oltre a costituire un appiattimento che mortifica valori e meriti. Trasferire le decisioni a livello di aziende è esattamente quanto avevamo deciso nel 2015 con i sindacati con la sottoscrizione del precedente accordo integrativo (art 13).
Un secondo punto da chiarire concerne i premi attualmente riconosciuti ai lavoratori sulla base del precedente integrativo. L’entità di questi premi, che rappresentano quasi il 30% delle retribuzioni (caso pressoché unico a livello nazionale per incidenza e per valori assoluti) non è assolutamente in discussione. Nessun istituto economico della vigente contrattazione sarà oggetto di riduzioni o di revoche e gli imprenditori non vogliono togliere ai propri dipendenti niente di tutto questo.
Altro motivo di contrasto è la richiesta di aumenti retributivi, forse il tema più caldo di questo rinnovo. Gli imprenditori sono d’accordo sulla opportunità di riconoscere ai propri dipendenti un adeguato incremento salariale; per questo hanno proposto di utilizzare gli strumenti di detassazione e decontribuzione previsti dal legislatore per contenere il pesante cuneo fiscale che si rimangerebbe una larga fetta dei benefici. Solo in questo modo si riesce a conciliare la domanda di incrementi retributivi senza incidere in modo eccessivo sulla competitività delle imprese i cui costi sono già tra i più elevati del settore, liberando così risorse per gli investimenti, questo a vantaggio di tutti.
Un ultimo punto che ci vede in assoluto disaccordo con le organizzazioni sindacali del marmo (le sole in effetti a fare questo tipo di rivendicazioni) riguarda la singolare richiesta che le imprese si facciano carico in qualche modo dei mancati compensi dovuti alle giornate di sciopero. Lo sciopero è un diritto sancito dalla Costituzione. Dal momento che, in piena libertà e autonomia, i lavoratori si astengono dalla prestazione lavorativa, per le imprese viene meno l’obbligazione a erogare la retribuzione. Rimborsare i lavoratori per i mancati introiti degli scioperi costituirebbe la negazione del principio di responsabilità insito nell’esercizio di questo diritto e falserebbe pericolosamente le relazioni tra lavoratori e imprese, e la nostra risposta non può che essere negativa.