Assolti i sette tra tecnici e dirigenti Snam a processo per l’esplosione del metanodotto che, il 18 gennaio 2012 devastò la frazione di Mulino. «Il fatto non sussiste», ha dichiarato il giudice Giovanni Sgambati alla fine di un lungo e meticoloso processo, durato quasi due anni. Fu, insomma, un incidente tecnico non prevedibile. Anche se per capire meglio bisognerà aspettare di leggere le motivazioni che saranno depositate tra 90 giorni.

La colpa insomma fu di un giunto che si ruppe, per un incidente tecnico dalle conseguenze decisamente tragiche: un morto, il 22enne bulgaro Giorgio Dimitrov, morì circa un mese dopo all’ospedale Sant’Eugenio di Roma dove era stato ricoverato con gravissime ustioni una decina di persone gravemente ustionate. E una dozzina di case distrutte dall’esplosione o seriamente lesionate, auto e mezzi agricoli arsi alla vampata di fuoco, così come molti animali domestici e da allevamento presenti nella zona.

Il processo è finito e furono peraltro le testimonianze dei periti dell’accusa a orientare, forse, il processo in questa direzione. Francesco Moschini, ingegnere, funzionario del Dipartimeno sicurezza sui luoghi di lavoro dell’Asl fu ascoltato nell’aprile del 2016 e nella sua ricostruzione parlò di un evento esterno a provocare la rottura istantanea del giunto della conduttura di gas che, peraltro era già in condizioni di degrado. «Infragilito», disse il tecnico. La causa sarebbe da ricercarsi nell’alluvione del 25 ottobre 2011 ad Aulla, fece capire l’ingegnere, quando anche la zona di Mulino di Tresana fu allagata e subì danni. Moschini, quando testimoniò, disse che «la tubazione era già allora sterrata e, quando il terreno, venne sollevata dall’acqua e poi, quando l’acqua si ritirò, subì una torsione inversa». Anche se si parlò di una sottovalutazione dei rischi connessi a lavorazioni su condotte in cui c’è presenza di gas.

Il processo, iniziato dalla dottoressa Rossella Soffio, e che ha visto avvicendarsi vari pm, si è svolto senza parti civili: la Snam, società proprietaria dell’impianto scoppiato, e le persone coinvolte hanno trattato e optato per un risarcimento per i danni subiti. Quasi 50 i testimoni chiamati a deporre e che si sono avvicendati in aula.

Gli imputati assolti sono Massimiliano Battisti, 43 anni, di Pesaro, difeso dall’avvocato Giovanni Flora; Marco Luminari, 42 anni, di Grottaglie (Taranto), avvocato Lucio Monaco; Alfeo Goglio, 64 anni, di Melegnano, avvocato Fausto Giunta; Francesco Conedera, 54 anni, di Avellino, avvocato:Vito Nicola Cicchetti; Oreste Manna, 66 anni, di Eboli (Salerno), avvocato Cecchino Cacciatore; Daniele Gamba, 42 anni, nato Bergamo, avvocato Fausto Giunta; Luca Schieppati, 51 anni, nato a Milano, avvocato Fausto Giunta.

Il pm Alessandro Rapelli che ha concluso il processo aveva chiesto tre anni e 6 mesi per tutti gli imputati e quattro mesi per alcuni imputati, Conedera, Gamba e Schieppati per violazioni minori, coperte comunque da prescrizioni.

«È stato un processo accorto e condotto dal giudice Sgambati con serenità e mano sicura. Siamo soddisfatti della sentenza», dichiara l’avvocato Monaco. «Le prove raccolte consentono solo di dire che c’erano dei difetti d’origine di quel giunto che nessuno poteva conoscere».

il tirreno