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martedì, 22 novembre, 2016

https://www.antenna3.tv/2016/11/22/avvocata-scomparsa-volevo-attenzione-per-la-mia-battaglia-ora-penso-di-farmi-suora/

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Avvocata scomparsa: «Volevo attenzione per la mia battaglia, ora penso di farmi suora»

di  Redazione web

Nascosto tra le gambe accavallate sul divano l’indice tortura il pollice allo sfinimento, al sangue. Quando glielo si fa notare se ne vergogna e scappa in bagno a lavarsi le mani. Mentre racconta la sua “fuga per la delusione” Eleonora si prende delle pause infinite. Dopo ogni domanda si prende più di qualche secondo; guarda fisso davanti a sé, in certi momenti può sembrare catatonica. Se la pausa è troppo lunga allora interviene mamma Morena, in un dialogo a tre in cui mamma e figlia si sostengono e correggono. È a casa da 12 ore ma non c’è nemmeno un accenno di sorriso sul volto. Sul tavolo una pila di giornali, la “rassegna stampa” della sua scomparsa .

Perché sei andata via Eleonora, volevi dimostrare qualcosa?

«Lo so che ho fatto un gesto clamoroso. Lo so. Non nego però che l’ho fatto cercando di attirare l’attenzione sull’ingiustizia di cui sono vittima. Nessuno ne parlava, mi sono sentita abbandonata mentre subivo un torto».

Da chi volevi questa maggiore attenzione? Dai giudici?

«Io penso che dopo una cosa del genere dovrebbero valutare con più attenzione le carte. Io non credo che qualcuno tra i giudici fosse contro di me, ma avendo denunciato quello che è un falso in atto pubblico, la falsificazione di una firma in un contratto notarile, penso che si sia voluto tutelare l’istituzione».

Le battaglie legali però si combattono in tribunale, perché un giudice dovrebbe considerare diversamente una ragazza che fugge?

«Non so, io lo farei di nuovo, non so esattamente perché».

Interviene la madre. «Lo ha spiegato anche la dottoressa che l’ha visitata, nella mente di Eleonora è scattato un meccanismo che l’ha portata all’isolamento, alla sfiducia. Lo ha definito un suicidio sociale, un atto pubblico contro di sé».

Eleonora: «Sì un rifiuto, non volevo parlare né vedere nessuno».

Però adesso hai deciso di tornare. Come mai hai cambiato idea?

«Dopo 13 giorni non ce la facevo più. Speravo di liberarmi di un peso, di cacciare via questo problema. E invece è rimasto».

Morena: «Anzi, forse si è aggiunto qualcosa di più».

Eppure Il tuo malessere è dovuto alla vicenda giudiziaria in sospeso con tuo zio, che durerà ancora qualche tempo.

«Lo so – sospira dopo una pausa più lunga delle altre – io farei anche una transazione, il mio avvocato l’ha proposta ma è stata rifiutata. Ora ho bisogno di pensare, non voglio più sentire cattiverie».

Quali?

«Ho letto quello che hanno detto i miei parenti, solo falsità. Io ho cambiato il mio cognome due anni fa, perché non voglio essere associata a questa gente. Non perché è il cognome della zia dell’eredità».

Però è il nome di tuo padre. Non ti è sembrato di tradirne la memoria cambiandolo?

«Mio padre era morto. Io volevo che la gente non mi chiedesse più se fossi cugina di o nipote di».

Così hai deciso di tagliare i ponti e sei fuggita. Come hai scelto dove andare?

«Boh, per caso. Sono andata da un amico che avevo conosciuto in treno ai tempi dell’università, lui non ha saputo niente fino a l’altro ieri del perché fossi lì».

Lo hai chiamato prima di andare?

«Sì ho avvisato e sono partita».

E lui non si è mai accorto che eri in fuga?

«Lui viaggia spesso, a casa non c’era mai».

Come hai passato le giornate?

«Pregando, leggendo la bibbia. Pensando, molto».

Mai la televisione?

«Sì ho visto qualche film, uno sui nazisti. E qualche trasmissione».

E non ti sei mai accorta che ti cercavano.

«No, no. Quello l’ho scoperto su un sito online di informazione due giorni fa».

Potevi aspettartelo, hai detto che volevi mandare un segnale. Qualcuno ti avrebbe cercata. Ora i cellulari, il tuo e di tua madre, li hanno i carabinieri. Hai qualche preoccupazione?

«No, no. Dovrei averle?»

Dimmelo tu.

Interviene Morena. «Loro fanno il loro mestiere, ci sta che indaghino ma non c’è niente di cui preoccuparsi» (Eleonora annuisce)

Come mai hai chiamato da una cabina?

«Perché non volevo disturbare usando i loro telefoni. Il mio era qui. Così sono scesa e ho chiamato».

Ora che farai, torni a fare l’avvocato?

«Non so, forse non sono adatta. Questa vicenda mi ha sfiduciata. Hanno detto che sono brutta, che non attraggo gli uomini. Voglio ritirarmi in un convento, farmi suora di clausura».

Una scelta estrema. Di nuovo.

«Provo disinteresse verso tutto, questa cosa mi ha distrutta. Non mi interessano gli uomini, il sesso, le amicizie. Voglio staccare. Il 23 siamo di nuovo al tribunale di Lucca, io sono parte civile. Mio zio mi ha accusata di calunnia e sono stata prosciolta. Se ora riconoscessero che a calunniarmi è stato lui sarebbe una soddisfazione. Rimane però quella firma falsa sul testamento e io dovrò conviverci fino all’appello».

Si accende una sigaretta e lo sguardo si perde di nuovo in un punto sul muro. Dice un’ultima cosa prima di salutarci: «Non voglio più parlare, nemmeno con i giornalisti. Voglio chiudermi adesso».

il tirreno

ore: 20:59 | 

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