Spenti i riflettori delle elezioni comunali nelle grandi città, a settembre sindaci e consiglieri comunali decideranno chi governerà le Città Metropolitane e le nuove Province stabilite dalla legge “Del Rio” meno di due anni fa. Lo abbiamo accennato due settimane fa in occasione dei turni di ballottaggio che la “macchina infernale” messa a punto dalla riforma copernicana che ha abolito le vecchie province dove i cittadini eleggevano al pari dei comuni il Presidente e il consiglio provinciale, si attiverà per comporre gli assetti politici delle Città metropolitane e dei cosiddetti enti intermedi di secondo livello. La legge infatti fissa in 60 giorni di tempo il limite per indire le elezioni cui saranno chiamati i sindaci del comprensorio provinciale e tutti i consiglieri comunali che, con voto ponderale,  dovranno decidere all’interno delle liste (di sindaci e consiglieri) chi dovrà ricoprire il duplice incarico in questo caso non remunerato. Ai più non sarà sfuggito che i 60 giorni cadono in agosto inoltrato e allora il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha chiarito in tutta fretta che le elezioni si terranno entro la fine di settembre. La prima domanda corre d’obbligo: possibile che il ministro e il governo quando hanno deciso le date del 5 e del 19 giugno per le scorse amministrative non abbiamo pensato che la legge “Del Rio” (che ha meno di 24 mesi e quindi “fresca”) prevedesse il voto in pieno agosto? A parte questo gli attenti elettori capiranno bene che i partiti politici non hanno chiuso assolutamente la fase di campagna elettorale amministrativa in vista del referendum costituzionale di novembre. Le segreterie sono già al lavoro febbrilmente nelle singole province, facendo conti aritmetici e scientifici per stabilire chi siano i sindaci e i consiglieri comunali da eleggere al consiglio metropolitano e a quello delle nuove province. L’unico dato certo, visto che nessuno ha modificato lo statuto con la possibilità dell’elezione al seggio, è che i sindaci di Roma, Milano, Torino, Bologna e Napoli,  ricoprono già il ruolo di sindaco metropolitano che coincide con chi il 19 giugno ha vinto i ballottaggi nella propria città. Discorso diverso invece per le province “minori”: qui, come vi abbiamo anticipato, sono in corso le valutazioni e le consultazioni all’intero e fra i partiti per individuare i sindaci a cui affidare il duplice incarico di sindaco e presidente. Tutto ovviamente alle spalle dei cittadini che non possono dire nulla al riguardo, mentre invece in passato erano loro, in cabina elettorale, a decidere chi democraticamente dovesse guidare una delle istituzioni più antiche del Belpaese. Ma la foga di ridurre i costi della politica e dare in pasto agli italiani una riforma che riducesse la burocrazia nazionale, a nostro avviso, ha generato questo mostro bicefalo fatto da sindaci col doppio incarico a zero centesimi di euro. Di fatto le Province con le  stesse competenze e dipendenti e funzionari in servizio sono rimaste al loro posto, e con il peso del costo del personale amministrativo (ridotto ma non eliminato) e con i problemi di sempre (mancate manutenzioni delle strade, delle scuole, della imperfetta gestione dei piani provinciali dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, etc…..) con l’aggravante che ora questi enti possono gestire solo l’ordinaria amministrazione (e siamo già a metà anno con i cittadini infuriati) in vista delle imminenti elezioni che arrivano a soli due anni dal primo insediamento degli enti intermedi di secondo livello. Scomodando ancora una volta Tommasi di Lampedusa e il suo stupendo “Gattopardo” nulla ci toglie dalla testa che la riforma “Del Rio” sia stata fatta col principio: “perchè tutto resti come prima è necessario che tutto cambi” o se non era questo l’intento spiace dirlo ma la legge è stata vergata da veri incompetenti……”Tertium non datur!”