Nei primi due mesi dell’anno, 55 attività commerciali di Massa Carrara e provincia si sono dovute arrendere. Questo significa che la crisi ha spazzato via quasi un negozio (o ristorante o struttura ricettiva o altro ancora) ogni giorno. Tra gennaio e febbraio invece le nuove aperture sono state 13: un numero che rappresenta una magra consolazione (differenza -42). La ripresa, insomma, sembra ancora non interessare il commercio. Questo il dato più evidente che emerge dal rapporto realizzato dalla Confesercenti su iscrizioni e cessazioni delle imprese alla Camera di Commercio dal 1° gennaio al 29 febbraio scorsi. Cifre che smorzano i timidissimi segnali di ripresa che, soprattutto nei primi otto mesi del 2015, avevano fatto pensare ad un inizio di inversione di rotta. Tra le rarissime eccezione, i risicatissimi saldi positivi nel settore concessionari auto (sia a Massa che in provincia) che l’ortofrutta in questo caso solo in provincia. Crescono anche le attività ambulanti in provincia, unica insieme a Prato in tutta la regione ad avere un segno più in questo comparto. Da qui un nuovo allarme lanciato dal presidente di Confesercenti Massa Carrara Paolo Arpaguas: «Il tessuto imprenditoriale del commercio al dettaglio continua ad assottigliarsi in maniera a dir poco tragica. Il dato nazionale è sconfortante: nei primi due mesi del nuovo anno si conta una riduzione di quasi 9.000 imprese. E la nostra provincia purtroppo non fa eccezione». Al 29 febbraio le imprese del commercio al dettaglio in provincia sono 2.583, con un saldo negativo di 42 unità tra aperture e chiusure. Anche il settore turistico – intendendo bar, ristorazione e strutture ricettive – sta segnando decisamente il passo. Nella provincia di Massa Carrara, in due mesi hanno chiuso 14 ristoranti, 4 tra alberghi e bed and breakfast e 5 bar: il saldo negativo di questi tre comparti è di meno 18 attività. A Massa città addirittura si segnala una sola nuova attività in questi settori (un ristorante) e ben 14 chiusure. «Settori – spiega Arpagaus – che stanno evidentemente risentendo di un affollamento commerciale frutto di una liberalizzazione che, come abbiamo sempre sostenuto, ha portato solo conseguenze negative. Soprattutto bar e ristoranti hanno visto nei mesi scorsi un’impennata di aperture in un contesto comunque di crisi e di mercato ampiamente saturo. Impennata che poi si è rilevata una bolla di sapone in mancanza di fatturati in grado di mantenere l’attività. Questi sono i danni della mancanza di programmazione commerciale». Le conclusioni di Paolo Arpagaus: «Ormai è sotto gli occhi di tutti che fare impresa è più difficile, in particolare per quelle di più piccole dimensioni. Problemi che costringono molti imprenditori ad arrendersi». Le ricette per provare ad invertire la rotta? «Sono due: spingere il sistema bancario a ridare fiducia ai piccoli imprenditori anche con il sostegno dei consorzi fidi, in particolare di Italia Comfidi, Regione e Camera di commercio. Investire, come stiamo facendo, su strumenti di aggregazione tra piccoli commercianti come i Centri commerciali naturali: strumenti in grado di attrarre finanziamenti per la promozione. Ai Comuni, infine, insistere con i mezzi in loro possesso per programmare il commercio: penso al blocco delle nuove licenze di pubblici esercizi o al provvedimento varato a Firenze per tutelare il centro storico».