guardia finanzaPerquisizioni in odore di terrorismo internazionale nello spezzino. Un’indagine che parte dalla procura di Torino, si estende nella provincia di Cuneo e sfiora la Lunigiana. Cinque fratelli, di origini libanesi, sono indagati per finanziamento al terrorismo e riciclaggio internazionale. Secondo la guardia di finanza, che ha effettuato le indagini, ripulivano il denaro proveniente da un ingente traffico di droga per finanziare l’attività degli Hezbollah.

Le fiamme gialle hanno perquisito la casa e le aziende dei cinque fratelli, che avevano aperto attività di compravendita di auto e macchine agricole nel Cuneese e nella zona di La Spezia. L’indagine è coordinata dal pm Antonio Rinaudo, della Direzione distrettuale antimafia di Torino, competente per il reato di terrorismo. Gli inquirenti hanno ricevuto segnalazioni sull’attività dei cinque fratelli da Fbi e Dea. Per gli investigatori americani, i soldi arrivati ai fratelli provengono da un traffico internazionale di droga. A loro spettava il compito di riciclare il denaro, che serviva poi a finanziare le attività degli Hezbollah.

Perquisizioni sono state eseguite dalla guardia di finanza, nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio di soldi per gli Hezbollah, in Piemonte, Liguria e Toscana. Due dei cinque fratelli libanesi indagati risiedono in provincia di Cuneo, uno in provincia della Spezia e i restanti due in Libano, anche se vengono frequentemente nel nostro Paese. All’indagine `Araba Fenice´, coordinata dal pm Antonio Rinaudo, hanno collaborato anche l’Fbi e l’Europol. È stato accertato che le aziende italiane che facevano riferimento ai fratelli, che operavano nel settore della compravendita delle auto e dei macchinari industriali e agricoli usati, ricevevano fondi da riciclare provenienti da società inserite in blacklist dalle autorità statunitensi in quanto collegate, in entrata e in uscita, a trafficanti internazionali di droga e a Hezbollah.

Complessivamente c’è stata stata una movimentazione di capitali pari a 70milioni di euro, in entrata e in uscita. Molti dei mezzi acquistati in Italia venivano poi imbarcati al porto di Anversa, in Belgio, per i Paesi del centro dell’Africa. Qui sarebbero avvenute ulteriori compravendite i cui proventi sarebbero finiti nuovamente all’organizzazione terroristica libanese.

 

 

 

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