IMG-20141209-WA0009Da una parte la Sirmi srl raccoglieva gli scarti della lavorazione del marmo dalle aziende locali, dall’altra la ditta di trasporto Poggi srl provvedeva a distribuire la marmettola: prima a La Spezia e poi nella provincia pisana. Senza trattarla, senza renderla inoffensiva. Un vero e proprio sodalizio criminale secondo la procura antimafia di Genova, che da quasi un anno teneva sotto controllo i traffici.
L’organizzazione. A capo di questa organizzazione una famiglia di imprenditori di Carrara: i Poggi. Giancarlo Poggi, 62 anni, che secondo la Dda della procura di Genova era quello che tirava le fila del sodalizio, il fratelloGiuseppe, 52 anni, e il figlio Riccardo, 36. Con l’accusa di traffico organizzato di rifiuti i tre sono stati arrestati all’alba dai carabinieri del Noe. In manette anche l’impresario edile spezzino Giacinto Paladino, 59 anni. Tutti ai domiciliari, come richiesto dalla Direzione distrettuale antimafia e dal gip del tribunale di Genova. Obbligo di dimora, invece, per i quattro autisti della Poggi srl, perché hanno portato la marmettola sui camion della ditta falsificando, secondo l’accusa, le bolle di accompagnamento: Claudio Rossi, 44 anni,Claudio Fabbri, 43 anni, Riccardo Paolini, 38 anni, Carlo Alberto Papi, 57 anni. Ma nel registro degli indagati sono finite altre sette persone, tra queste l’agronomo carrarino Andrea Piccini, e il geometra di La Spezia Andrea D’Imporzano. E il titolare dell’agriturismo Terra di mare Angelo Petrazzuoli, 66 anni.
Affari d’oro. Dalle indagini è emerso che l’attività dell’organizzazione andava avanti da almeno due anni e come le quantità di rifiuto trafficate illecitamente ammontassero a oltre 45.000 metri cubi, pari a circa 70.000 tonnellate.
 I sequestri. I carabinieri del Noe, Nucleo operativo ecologico di Firenze, hanno sequestrato l’uliveto dell’agriturismo Terra di Mare a Pietralba, nello spezzino; sequestrata anche la cava Valle Secolo di Larderello, nella provincia di Pisa; sigilli all’impianto di recupero rifiuti Sirmi, ai camion della Poggi srl e congelati beni per circa due milioni di euro. Beni secondo gli inquirenti utilizzati per l’illecito traffico di rifiuti, in parte ritenuti provento dell’attività criminale.
Gli indagati. Secondo gli inquirenti gli otto cittadini colpiti da ordinanza di custodia cautelare, insieme ad altri quattro complici indagati a piede libero, hanno organizzato e gestito un traffico illecito di rifiuti speciali non pericolosi, tra le province di Massa Carrara, dove c’è l’impianto di recupero, La Spezia, dove si trova l’agriturismo, e Pisa, dove si trova la cava che stava effettuando dei lavori di ripristino ambientale. I Poggi, Palladino e i loro amici in accordo con gli autisti compiacenti, l’agronomo, il geometra, avevano messo su un giro di affari davvero redditizio. Sono da valutare invece le posizioni dei proprietari della cava Valle Secolo e quelle dei titolari dell’agriturismo Terra di mare e dei terreni attigui alla struttura.
Marmettola conveniente. Il piano era perfetto: la marmettola, ritirata presso vari produttori della zona di Carrara, risultati poi estranei alla vicenda, veniva trasportata e interrata nell’agriturismo e nella cava senza alcun tipo di lavorazione, senza cioè che il rifiuto subisse nessuna azione di recupero per essere trasformato in materiale idoneo allo scopo, con conseguenti lucrosi guadagni.
Il filone pisano. E’ ancora tutto da accertare. Anche se quelli del Noe ieri hanno messo i sigilli alla cava Valle Secolo, che era impegnata in un recupero ambientale del sito. Peccato che lo stava facendo con la marmettola non trattata. Seicento le tonnellate di materiale portato lì dalla Sirmi.
I documenti falsi. Gli imprenditori arrestati e i loro complici si erano organizzati per offrire prezzi molto vantaggiosi, in concorrenza sleale con altri operatori del settore, ricavandone così centinaia di migliaia di euro di utile, mascherando poi l’attività con falsa documentazione che attestatava il regolare conferimento del rifiuto presso l’impianto di recupero Sirmi;la sua ripetuta lavorazione finalizzata al recupero, quest’ultimo certificato anche con false analisi attestanti l’idoneità del materiale risultato della lavorazione fantasma; la successiva vendita e trasporto in siti autorizzati a riceverlo di un prodotto di fatto mai esistito. Un’attività andata avanti per due anni. Fino all’alba di ieri.
il tirreno