87 richieste di risarcimento in due giorni. Più della metà arrivano dal Candia. Le richieste partono da 5 mila per arrivare fino a 250 mila euro. Si è conclusa la prima fase di ricognizione dei danni provocati dagli allagamenti nella zona di costa e dalle frane nelle colline del Candia che hanno flagellato la Provincia di Massa Carrara tra il 31 ottobre e il 1 novembre. Il primo quadro, a circa due mesi di distanza, è stato delineato dalla Coldiretti Provinciale (info su www.massacarrara.coldiretti.it) che sulla delicata partita dell’equilibrio idrogeologico del territorio ha condotto una vera e propria battaglia durata quasi 2 anni portando in Prefettura oltre 300 firme e minacciando un’azione legale collettiva (Class Action) contro i soggetti responsabili.

 

Nell’enorme fascicolo raccolto dagli uffici della Coldiretti che per due giorni hanno lavorato ininterrottamente – il servizio era gratuito – per raccogliere (documentazione, materiale fotografico e video), catalogare e permettere a cittadini ed aziende agricole di predisporre nei tempi necessari il materiale da inviare (i termini sono scaduti martedì 28 dicembre alle 17,30) al Protocollo Generale del Comune di Massa. Due i percorsi a cui i richiedenti potranno eventualmente accedere: i risarcimenti della Protezione Civile per danni di carattere strutturale alle abitazioni o ai prodotti in stoccaggio e i risarcimenti messi a disposizione dalla Regione Toscana attraverso il Fondo di Solidarietà Nazionale dell’Agricoltura.

 

Nel fascicolo tante storie di paura e tristezza come la particolare storia dell’azienda agricola di Pietro Attolini in Via Arezzo: 50 mila stelle di Natale, 25 mila ciclamini e 8 mila primule sotto’acqua. I danni per la sua produzione sono stati stimati intorno ai 70 mila euro. Nella documentazione raccolta da Coldiretti a corredo della modulistica, tante fotografie ed anche filmati per cui Coldiretti ringrazia Antenna 3 che ha messo a disposizione dell’organizzazione agricola parte dei servizi andati in onda nei tg serali.

 

Insieme al mancato guadagno, fondamentale per la sua azienda già colpita dagli eventi del ’95, ha dovuto subire la svalutazione delle piante: “sono stato costretto – racconta Attolini – a svendere le stelle di Natale abbassando fino al 60% il prezzo all’ingrosso. Quelle che si sono salvate hanno perso in qualità. Piante che avrei venduto a 2,20 euro a condizioni normali sono stato obbligato a piazzarle a 1,80. E così via. Non solo non ho guadagnato, ma non ho coperto nemmeno l’investimento. La mia azienda è sull’orlo del crollo”.

 

Nella zona del Candia è l’azienda di Aurelio Cima ad aver subito i maggiori danni: circa 250 mila euro tra la Tenuta il Pozzo e l’azienda Cima. Secondo Cima, Presidente del Consorzio di Tutela del Candia Doc, “il rischio di nuove frane è ancora altissimo. Non possiamo dormire tranquilli e il tempo non è dalla nostra parte. Ora servono aiuti dalla Regione Toscana e dal Governo per rimettere in sicurezza il Candia. Questa situazione ha evidenziato che il territorio non può essere abbandonato. I danni potevano essere ben peggiori; la collina poteva franare tutta se non ci fosse stata la presenza e l’opera dell’uomo e delle aziende”. Le due aziende della famiglia Cima hanno pagato un prezzo altissimo: “4 ettari di vigneti della Tenuta il Pozzo sono franati; danni importanti anche nella zona del Finocchio e alla Sfondarella, nel versante di Carrara. Da soli – conclude Cima – non possiamo farcela, da qui il mio appello a sostenere le aziende e chi vive nel Candia”.

 

Dentro il fascicolo ci sono tante altre notti di paura. Storie di abitanti della zona di costa che hanno convissuto per giorni con l’acqua dentro casa. “molte  richieste – spiega Emanuele Bertocchi, Direttore del Patronato Epaca che ha seguito le pratiche – arrivano da privati cittadini. Richieste che spaziano da mille a cinque mila euro per danni ad elettrodomestici, mobilio e alla struttura della casa. Storie che raccontano spesso il senso di impotenza ma anche la voglia di ripartire mettendo in sicurezza il territorio, trasformare questa calamità naturale nella opportunità per costruire una nuovo modello di insediamento: è questo l’aspetto predominante, rispetto ai rimborsi del danno, che ora i cittadini chiedono”.