Diciotto anni per arrivare alla sentenza di assoluzione dell’industriale spezzino, sotto indagine assieme all’ex primo ministro Ciriaco De Mita

DOPO diciotto anni si chiude con otto assoluzioni uno dei processi più tormentati della storia della giustizia spezzina, che riguardava la bancarotta fraudolenta di undici società facenti capo alla holding Finmetal di proprietà di Paolo Pofferi. Oltre all’imprenditore spezzino sono stati assolti il fratello Massimo, Vincenzo Ascione, Tullio Torri, Riccardo Ratti, Ernesto Cavallini, Vincenzo D’Ambrosio e Maurizio Samengo, mentre le posizioni di Travierso e Teofili erano già state archiviate qualche mese fa con prescrizione.


Per Paolo Pofferi e il suo avvocato difensore Fabrizio Giangaré diciotto anni di battaglie giudiziarie vissute con grandi emozioni nell’ambito di inchieste che avevano avuto una eco nazionale. Tutto ruotava attorno alla Finmetal che controllava undici società, tutte dichiarate fallite dal 14 marzo del ‘92 all’aprile del ‘94 per un buco finanziario complessivo da cento miliardi di lire. Ma a portare sulla ribalta della cronaca nazionale la vicenda fu l’inchiesta collegata soprannominata Irpiniagate, riguardante la cattiva gestione dei fondi destinati alla ricostruzione del dopo terremoto in Irpinia. Pofferi finì sotto indagine assieme al presidente del Consiglio dei ministri Ciriaco De Mita e processato dal Tribunale dei ministri. In quella circostanza ottenne la prima assoluzione. Nel frattempo l’avvocato Giangaré riuscì a trasferire il processo Finmetal al tribunale della Spezia dopo due giudizi in Cassazione. Ma prima di approdare al processo Pofferi e gli altri indagati ottennero il proscioglimento per archiviazione davanti al gup Alessandro Ranaldi per i reati di corruzione, peculato e malversazione.

Nel palazzo di giustizia spezzino sono piovuti i fascicoli proveniente da tutte le procure italiane coinvolte nella maxi inchiesta. Una montagna di faldoni tale da riempire una stanza del tribunale. Una voluminosa documentazione impossibile da studiare per qualsiasi magistrato inquirente, al punto che il pm Raffaella Concas ha rinunciato a presentare la lista dei testi dell’accusa. Insomma uno di quei processi incagliati nelle cavillosi leggi di procedura penale. Nel corso del dibattimento le difese, rappresentate anche dagli avvocati Gaspare Corniola, Anna De Feo e Franco Romanelli, aveva chiesto e ottenuto l’audizione di Ovidio Manfredi Lefebvre, che doveva acquistare la Metalli e Derivati, una delle società fallite. Così alcuni mesi fa giudice, pubblico ministero, cancelliere dovettero trasferirsi a Montecarlo dove risiede il testimone. Ieri l’epilogo del procedimento con Pofferi ascoltato dal collegio giudicante composto da Mario De Bellis, Giuseppe Pavich e Paolo Scippa. L’imprenditore ha negato di aver distratto denaro all’interno del gruppo e le accuse non erano probanti. A quel punto i giudici hanno accolto le tesi della difesa e hanno assolto gli imputati perché il fatto non sussiste.

Adesso si attende di conoscere le prossime mosse di Pofferi che per la maxi inchiesta, terminata poi con l’assoluzione, ha scontato sei mesi di carcere, altrettanti di arresti domiciliari e gli venne sequestrato un miliardo di lire.