Il Consorzio rinnova l’appello ai balneari: “Segnalateci in tempo reale ogni ulteriore presenza, per proseguire nelle analisi”

Poseidonia oceanica o Cymadocea nodosa: le ultime analisi del biologo, che saranno pronte ad inizio settimana, chiariranno gli ultimi aspetti. Comunque un dato è sicuro: si tratta di piante acquatiche marine. Non lascia spazio ad incertezze lo studio che ieri (venerdì 14 giugno) è stato compiuto dallo staff dei biologi ingaggiato dal Consorzio di Bonifica 1 Toscana Nord sul materiale spiaggiato individuato sulla battigia a nord della foce del Fosso Magliano.

La perizia rientra nell’iniziativa promossa dall’Ente consortile: che ha commissionato, ad un gruppo di biologi del comprensorio, un apposito studio tecnico per fornire, col supporto di analisi scientifiche, un contributo mirato a stabilire le cause della produzione del cosiddetto “lavarone”, per poter così contribuire ad individuare le possibili soluzioni. Il Consorzio, già da settimane, ha richiesto ai balneari di Versilia e costa apuana di collaborare allo studio, segnalando in tempo reale eventuali presenze di materiale. E questa analisi, infatti, è stata richiesta dal presidente del Consorzio balneari di Marina di Massa: ed è stata effettuata proprio di fronte a decine di balneari della zona.

 

“E’ emerso che sulla spiaggia, in quel punto, si trovano enormi quantità di residui delle radici di una pianta marina – si legge nella perizia, redatta dai biologi – Si tratta o di Poseidonia oceanica o di Cymadocea nodosa: le ultime analisi, che saranno pronte ad inizio settimana, chiariranno gli ultimi dubbi. Comunque un dato è sicuro: si tratta di piante acquatiche marine che crescono sui fondali marini e sono indicatrici di buona qualità degli ecosistemi. I residui fogliari  che circondano il rizoma, prevalentemente sfilacciati  e talvolta sotto forma  di egagropili, comunemente noti come palle di mare, polpette di mare o patate di mare,  sono proprio il  frutto dello sfilacciamento dei residui fogliari fibrosi che circondano il rizoma della pianta e della loro aggregazione ad opera della risacca marina”.

 

“Questo materiale  ha letteralmente invaso la costa in quel tratto per  almeno 100 metri a nord della foce del Fosso Magliano – continua la perizia – i balneari ci hanno riferito che il fenomeno è sempre avvenuto ma era gestibile; mentre dal febbraio 2019 le quantità sono aumentate in modo esponenziale. Come si vede bene anche da una prima analisi visiva, la pianta è praticamente pura. Sulla spiaggia sono stati rilevati rari altri elementi vegetali ( foglie, legnetti ) o  materiale di  plastica”.

 

“Abbiamo incaricato un’equipe di biologi marini e di acque interne per cercare di capire origine e motivazione della grande quantità di materiale vegetale individuato sulle spiagge e che, comunemente è chiamato lavarone- sottolinea il presidente del Consorzio, Ismaele Ridolfi – L’origine in questo caso è chiara: si tratta di materiale di provenienza marina. E non materiale di risulta dello sfalcio dei canali, come da qualcuno era stato ipotizzato. La motivazione di una presenza così copiosa di materiale sarà oggetto di uno  studio che prevede anche l’analisi dell correnti marine e delle opere che  che sono state realizzate: come scogliere e pennelli in massi, in corrispondenza del punto di accatastamento del materiale. Ai balneari ripetiamo l’appello a segnalarci in tempo reale ogni ulteriore presenza, al fine di compiere nuove analisi”.