Il mancato rinvio dell’inaugurazione del ridotto del teatro Animosi in occasione del lutto regionale proclamato dal governatore Eugenio Giani dopo il crollo del cantiere Esselunga di Firenze, si lega ad alcuni provvedimenti dell’amministrazione, che vogliamo oggi approfondire, che vanno nella direzione di contrarre in modo rilevante i diritti dei lavoratori.
Il settore cultura del Comune di Carrara è stato in questi mesi interessato da alcuni cambiamenti organizzativi che si sono concretizzati nell’esternalizzazione di servizi pubblici, che oggi vengono svolti da privati per altro a seguito di procedure di dubbia legittimità, che hanno inevitabilmente provocato uno scadimento della qualità dell’offerta e un peggioramento oggettivo delle condizioni dei lavoratori, uno dei quali è stato addirittura reclutato con un annuncio sui social network.
I servizi bibliotecari e quelli teatrali sono stati infatti caratterizzati da affidamenti ad associazioni e società private con procedure quantomeno discutibili, a seguito delle quali l’individuazione del personale è avvenuto senza tenere nella minima considerazione diritti acquisiti, anzianità di servizio e neppure la presenza di lavoratori disabili. Superfluo ricordare che la legge vincola gli enti pubblici ad attuare politiche che incentivino l’assunzione di persone con disabilità promuovendone così la piena integrazione e l’autosostentamento.
Al contrario, il passaggio dei servizi teatrali da Nausicaa a una ditta privata è stato caratterizzato da una storia molto triste e di inaudita gravità, che è arrivato il momento di raccontare per spiegare come certe scelte amministrative contrastino anche con quegli aspetti umani minimi che un ente pubblico e chi lo guida non dovrebbero mai dimenticare.
Premesso che non faremo nomi per motivi di privacy e rispetto delle persone, vogliamo però ricordare che tra coloro che svolgevano i servizi teatrali c’era un grande invalido di quasi 50 anni che, da oltre 15, lavorava con particolare zelo e dedizione all’interno di teatro Animosi e cinema Garibaldi. Il lavoro per questa persona non era solo una fonte di sostentamento (alla fine portava a casa solo poche centinaia di euro), ma era quasi una ragione di vita, l’occasione di sentirsi parte di una comunità a cui essere oggettivamente e quotidianamente utile.
Ebbene, tra gli “effetti collaterali” della privatizzazione del servizio, c’è anche stato l’allontanamento di questa persona che, senza spiegazioni e con tante promesse mai mantenuta, è stato mandato a casa.
In questi mesi, più e più volte, abbiamo contattato vari assessori per evidenziare il caso e il diretto interessato è stato anche ricevuto dalla sindaca, senza addivenire ad alcuna soluzione.
Ecco, un Comune e degli amministratori che, nel privatizzare un servizio, lasciano a casa un grande invalido, che ha svolto da tanti anni il proprio lavoro con impegno e passione, senza mai alcun richiamo, travalicano non solo i confini del buon senso ma anche della civilità. Un sindaco e degli assessori che compiono gesti come questo o rimediano o devono cambiare mestiere. Auspichiamo che, almeno in questo caso, prevalga la prima ipotesi.