Stop ai virologi in tv? La proposta, che ha fatto subito gridare allo scandalo i medici, arriva da un’ordine del giorno del deputato Giorgio Trizzino, ex M5S e attualmente al Gruppo misto, che ha chiesto al governo “un impegno per intervenire affinché tutti i dipendenti delle strutture sanitarie pubbliche e private e degli organismi ed enti di diretta collaborazione col ministero della Salute possano partecipare alle trasmissioni televisive, radiofoniche e rilasciare interviste previa esplicita autorizzazione della propria struttura sanitaria di appartenenza”. Poi il deputato siciliano ha aggiunto: “Questo strombazzamento mediatico costruito spesso per la ricerca della ribalta e della notorietà è responsabile di un numero imprecisato di vittime. Credo che non si sia posta la necessaria attenzione al fenomeno e che adesso si debba porre un freno a questa vergogna». L’ordine del giorno al decreto-legge “Green Pass bis” è stato accolto e quindi bisognerà vedere ora come si evolverà la vicenda.
Le reazioni – Di sicuro la presenza massiccia di virologi, infettivologi e quant’altro in tutte le trasmissioni, su tutte le reti a qualunque ora del giorno e della notte, comincia a stancare ma di certo il metodo scelto dalla politica per moderare il fenomeno non è dei più democratici. Tanto è vero che da diverse parti si è gridato allo scandalo. A partire proprio dai diretti interessati: i medici. “Questo è fascismo, sarebbe scandaloso – ha tuonato Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie infettive del San Martino di Genova -. Non ci possono mettere il bavaglio, perché fino a prova contraria siamo in uno Stato democratico” – ha aggiunto.
Di “uscita peregrina” ha parlato anche Massimo Galli, primario dell’Ospedale “Sacco” di Milano. “Siamo al grottesco – ha aggiunto – impedire ai medici di parlare è come dire che un avvocato non può discutere in tivù di argomenti giuridici o un ingegnere di questioni tecniche”. Più moderata la reazione del virologo Fabrizio Pregliasco: “L’infodemia è stata parallela alla pandemia – ha detto – perché in uno Stato democratico le informazioni non sono controllabili in termini di censura. Di sicuro molti aspetti scientifici sono stati trattati come news, ma l’attacco ai professionisti che parlano coi media è incomprensibile e inconcludente”. “A mio avviso – ha aggiunto – dovrebbe esserci piuttosto una carta per tutti coloro che parlano” di Covid in tv, radio, giornali e media in generale “quali giornalisti, opinionisti e non addetti ai lavori” che garantisca “l’eticità di quello che raccontano e la veridicità delle loro affermazioni” citando cioè “da chi e dove le hanno apprese”.