Condannata la banda dei Ricci, protagonista, insieme a quella dei Mazzi, della faida dei Poggi, una guerra combattuta a suon di colpi di armi da fuoco, pestaggi e minacce nella primavera del 2015. Complessivamente 38 anni e mezzo. Il collegio presieduto dal giudice Paolo Puzone (a latere Alessandro Trinci e Fulvio Biasotti), dopo cinque ore di camera di consiglio, ha letto l’ordinanza che ha sancito le pene per Mattia Ricci (13 anni e mezzo), Pablo Ricci (12 anni e mezzo), Thomas Quadrella (9 anni e mezzo) e Manuel Balloni (3 anni). Il pubblico ministero aveva chiesto quarantasei anni di carcere complessivi per i tre componenti della gang: la pena più pesante il sostituto procuratore Alberto Dello Iacono la voleva per Mattia Ricci (17 anni), poi per il fratello Pablo Ricci (15 anni) e infine per Thomas Quadrella (14 anni). Invece era stata chiesta una condanna di due anni per il quarto imputato: Manuel Balloni. La sua posizione in questo processo era decisamente più defilata. Ma il collegio alla fine ha stabilito che il giovane aveva a che fare con la questione tanto da imputargli il favoreggiamento. E la continuazione, come agli altri tre imputati per buona parte dei reati. Ma non solo: Mattia Ricci e Thomas Quadrella avevano delle pene che erano state sospese che adesso ridiventano attive, qundi dovranno scontare (in carcere) anche quelle. In più l’interdizione dai pubblici uffici fino a che non usciranno dalla cella. Balloni, che resta in libertà, per cinque anni.
I Ricci e Quadrella, difesi dagli avvocati Alessandro Maneschi e Carlo Biondi, erano accusati di svariati reati. Le imputazioni a loro carico, così come quelle contestate ai componenti della banda avversaria – 22 in tutto le accuse di diversi reati mosse a vario titolo agli imputati -, andavano dalla detenzione illegale di armi alterate (con la matricola abrasa allo scopo di non essere identificabili) all’estorsione, alla detenzione e fabbricazione di esplosivi. Qualcuna è stata accertata durante il dibattimento, altre no. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti tra il gruppo dei Mazzi e quello dei Ricci si era scatenata una vera e propria guerra per il controllo del mercato locale della cocaina. Una guerra segnata da attentati a scopo intimidatorio contro le abitazioni e le auto dei “nemici” a colpi di pistola e di fucile ma anche dall’accoltellamento di Alessio Mazzi. Le indagini condotte dal capo della squadra mobile Antonio Dulvi Corcione hanno portato al rinvenimento e al sequestro di una santabarbara di armi, c’era anche una balestra e un notevole quantitativo di droga. Ma l’inchiesta ha fatto emergere pure un’inquietante pista secondo cui alcuni dei personaggi coinvolti stavano preparando attentati contro la questura e la procura. Intercettazioni eloquenti lo confermavano e per questo era stato deciso di far scattare le manette all’inizio di agosto 2015.
L’altra gang coinvolta nella faida, quella dei Mazzi, aveva scelto un rito abbreviato per chiudere la vicenda. Anche a Genova in appello il giudice ha confermato quanto deciso dalla collega Antonia Aracri, che aveva condannato (con lo sconto di un terzo) a tre anni e otto mesi Elisa Mazzi; altri tre anni e otto mesi li aveva dati a Andrea Bonuccelli. Aveva patteggiato invece una pena di tre anni e undici mesi Alessio Mazzi, fratello di Elisa. Anche in quel caso la camera di consiglio a Massa era stata lunghissima, più di tre ore. Poi erano state depositate le motivazioni a chiarire quale era stata la scelta del gup Aracri. Hanno prevalso le attenuanti e come aveva detto durante la sua arringa il difensore, l’avvocato Enzo Frediani, lo spaccio di droga, evidenziato dalle intercettazioni telefoniche e ambientali raccolte dalla squadra mobile, non era così importante come sosteneva la procura. Cessione di piccole dosi e nulla più, non i traffici disegnati dagli inquirenti. Alessio Mazzi si è addossato tutte le responsabilità di quelle revolverate contro le case dei Mazzi e degli altri della gang rivale, dicendo di essere stato soltanto lui a premere il grilletto e soprattutto consegnando le armi (due revolver) dopo che gli uomini della mobile lo avevano arrestato.
Questa triste pagina di Massa si chiude qui, con il sospiro di sollievo di chi in questi mesi è venuto in aula e ha testimoniato in evidente stato di prostrazione. Il terrore ai Poggi è ancora reale, anche se adesso i personaggi più pericolosi o sono in carcere oppure ai domiciliari.
IL TIRRENO