«Ogni  volta  che  si  pone  un  problema  od  un  quesito  sulle  cave  dai beni estimati al transito  dei camion fino all’inquinamento da marmettola,  questo  viene  regolarmente strumentalizzato  per  chiedere  la  chiusura  delle  cave  dentro  o  fuori  dal parco. Noi non siamo d’accordo oggi e non lo saremo domani» lo dicono i segretari di Fillea, Feneal e Filca rispondendo al fronte di chi, soprattutto gli ambientalisti, negli ultimi giorni ha chiesto lo stop ai siti situati all’interno del Parco o che violano le norme di legge. «Le  cave  sono  un  bene  comune  e  pertanto  l’attività  di escavazione  deve  proseguire  nella tutela del  paesaggio,  degli interessi  della  collettività  e  dei  lavoratori» replicano le categorie, al motto di «meno escavazione e più lavorazione». I sindacalisti avvertono infatti « aria  di  campagna  elettorale» e dunque pongono l’accento sulla necessità di tutelare il « posto  di  lavoro  di migliaia  di  persone  che  lavorano  direttamente  o  indirettamente  nel

settore».  Come? Ma semplicemente, rispondono dalle segreterie, «con   una  escavazione  controllata  e  fortemente finalizzata  alla  lavorazione e con bandi  di  concessione ch garantiscano gli interessi pubblici e dei lavoratori».  Certo non tutto va bene, ammettono le categorie, ma le cose che non funzionano a dovere non devono diventare un pretesto per chiudere tutto. Il rischio, ammoniscono Fillea, Feneal e Filca è che il nostro territorio perda la sua cultura industriale, e pensi – erroneamente – di poter vivere solo di turismo e servizi.  «I  nostri  prossimi impegni  – concludono le categorie – devono  essere  migliorare  la  sicurezza  e la tutela dei diritti, sia quella dei cittadini che quella dei cavatori».