Ho scelto queste pagine della Bibbia per la celebrazione dei funerali di questi fratelli, Federico e Roberto, per guidare la nostra fede e la nostra preghiera.

Siamo tutti impressionati dalla enormità dell’evento, una montagna che crolla, quando il monte è sinonimo di stabilità, di forza.

E siamo colpiti dal fatto che due operai, esperti conoscitori della montagna e della estrazione del marmo siano stati travolti, uccisi, dal monte.

Drammatico dover constatare che il lavoro si trasforma in tragedia che coinvolge le famiglie, i compagni di lavoro, gli amici, la città.

Chi fa questo lavoro sa i rischi che corre e che la prudenza e l’esperienza non bastano alla sicurezza.

Le considerazioni le lasciano a chi ne ha la responsabilità e ad un altro momento.

Ora è il momento di vincere il dolore, la disperazione di questo strappo così violento per le loro famiglie, per noi tutti.

E lo facciamo volgendo il pensiero e lo sguardo a chi può aiutarci; a Maria, la Madonna dei Cavatori, e a Gesù, il Figlio di Dio, uomo come noi, crocifisso e risorto.

Di fronte alla morte, soprattutto alla morte di persone giovani, di fronte alla morte improvvisa e violenta, nasce spontanea una domanda: che senso ha la vita? Perché tanta fatica per vivere se poi in un momento la vita ti sfugge. Perché vivo?

Sappiamo bene che non c’è una risposta al dolore, alla morte. Fanno parte della nostra umanità, della nostra debolezza, sono il frutto del nostro peccato.

Incontrando Gesù, scopriamo un modo nuovo di vivere, di guardare la vita.

Non vivo più per me, ponendo al centro delle mie preoccupazioni le mie necessità, i miei desideri, ma preoccupandomi degli altri, dei fratelli, delle persone che amo.

E la domanda si trasforma: per chi vivo? E l’amore vince ogni cosa.

Questa è la scoperta della fede che cambia radicalmente il rapporto con le persone, con gli avvenimento, con la vita.

La fede che dà senso al vissuto di ogni giorno, anche al dolore, alla morte. E noi tutti, per tradizione o per scelta, possiamo abbandonarci a questa fede, che magari, presi dalle varie vicende, preoccupati o illusi di fare cose più utili, abbiamo trascurato.

Ora di fronte a un evento che ci supera, è il momento di riscoprire il valore di quanto abbiamo dentro di noi. Perché la fede apre alla speranza. Gesù muore e risorge, e diventa il fondamento di quanto speriamo. La morte non vince la vita.

La vita non muore perché siamo creati per l’eternità in Dio.

Noi sappiamo che incontreremo di nuovo, non su questa terra, ma in cielo, questi nostri fratelli.

Le persone che amiamo non muoiono, sono sempre con noi e nel ricordo diventano consolatori.

C’è una tradizione in Versilia che mio babbo, operaio anch’egli, raccontava con un certo orgoglio. Quando si muore, narra questa tradizione, andremo a bussare alla porta del Paradiso, e san Pietro, ci accoglierà. Per entrare non farà tante domande ma guarderà le mani. Solo se sono callose, testimoni di un lavoro faticoso, ci farà entrare.

Questa sera, con la nostra partecipazione, con la nostra preghiera, vogliamo testimoniare vicinanza alle famiglie di Federico e Roberto, e offrire loro il conforto della nostra vicinanza, e nella preghiera, raccomandare a Dio questi nostri fratelli.

Signore, accoglili nella tua pace, sono figli tuoi, hanno amato e servito le loro famiglie, hanno vissuto con semplicità e onestà, hanno dato il meglio di sé nel lavoro e nella fatica.

Ora accoglili nel tuo paradiso e dona noi la forza della speranza in un mondo dove sia bello vivere.

Un giorno ci troveremo tutti nel tuo Regno e sarà bello riconoscere che la fatica e la sofferenza sanno generare la vita.

 

 

X Giovanni Santucci