I pranzi erano davvero “al risparmio” (in pratica un panino e una birra o un primo in trattoria). E il cellulare acquistato di quelli low cost. Ma la modestia degli importi (pur riconosciuta dai giudici) non è servita ad evitare la condanna a un risarcimento del danno erariale provocato per la economa del Comune di Podenzana Nina Maneschi. 199 euro la somma che dovrà pagare, più 32 per le spese legali.
L’impiegata municipale è stata “inquisita” e condannata al risarcimento dalla sezione regionale della Corte dei Conti per avere rendicontato in modo illegittimo alcune spese. Nel mirino dei giudici i conti, per un totale di 199 euro, per vari pranzi (sette in tutto) consumati dal sindaco Riccardo Varese assieme ad altre persone nel corso del 2009. Pranzi frugali da quanto emerge dalla sentenza: 50 euro per 5 coperti; 60 euro per 4 coperti e così via. Una media di 10 euro a coperto Ma anche l’acquisto di un cellulare da 139 euro per l’assessore Claudio Baldassini e di un auricolare da 45 euro per il sindaco sono risultati sospetti.

Secondo i giudici contabili, le spese non erano state adeguatamente documentate: avrebbero dovuto essere riportate nel registro delle minute spese, che non è stato prodotto ai giudici, ma erano state giustificate soltanto con dei buoni di pagamento. E, soprattutto, erano state inserite sotto la voce “spese di rappresentanza”. Mentre non lo erano, dicono i giudici, che scrivono nella sentenza: «Le spese di rappresentanza devono assolvere a una funzione rappresentativa dell’ente verso l’esterno… idonee ad accrescere il ruolo e il prestigio con il quale l’ente stesso, perseguendo i propri fini istituzionali, si presenta ed opera nel contesto sociale intrattenendo pubbliche relazioni». In altre parole, è il senso della sentenza della Corte, non c’era pubblico interesse per quelle spese e, quindi, siamo di fronte a un danno all’erario.
Per quanto riguarda l’acquisto del telefonino e delle cuffiette auricolari, invece, la Corte dei Conti ha giudicato sì “parzialmente irregolare” in quanto non era stata ordinata “la dovuta procedura di spesa”, l’operazione fatta dall’impiegata, ma ha riconosciuto che sussisteva “la doverosità dei pagamenti” e non ha ritenuto dover sanzionare l’economa comunale per questa spesa.

il tirreno