Torna in tribunalel’alluvione di Aulla che ha causato la morte diClaudio Pozzied Enrica Pavoletti, in un processo che vede alla sbarra undici persone. Sono stati sentiti i carabinieri che dopo quel tragico 25 ottobre 2011 fecero le indagini per accertare le cause del disastro. Individuando, insieme al sostituto procuratore Rossella Soffio, undici responsabili. Alla sbarra il senatore, ed ex sindaco di Aulla, Lucio Barani, i dirigenti della Provincia di Massa-Carrara Giovanni Menna, Gianluca Barbieri e Stefano Michela (indagato anche per il crollo dell’argine del Carrione), Roberto Simoncini, sindaco aullese nei giorni dell’alluvione e il vice primo cittadino Gildo Bertoncini, Giovanni Chiodetti, ex assessore comunale alla Protezione civile e i dirigenti del Comune Franco Testa, Giuseppe Lazzerini, Mauro Marcelli e Ivano Pepe.
Nella prima udienza era stato puntato il dito su alcuni aspetti: la scarsa manutenzione del Magra, lo scaricabarile fra enti pubblici chiamati a dare risposte, lavori realizzati in maniera difforme dal progetto, finiti ma mai collaudati come nel caso della cassa di espansione di Chiesaccia, indicata dalla procura come una delle tre concause dell’alluvione. Dalla Chiesaccia è partito il racconto, incalzato dalle domande del pm Marco Rappelli, del luogotente Contino, del nucleo operativo dei carabinieri: «Ho chiesto agli enti pubblici locali chi fosse il responsabile del cantiere della cassa di espansione. Risultato? Un rimpallo di responsabilità, poi mi è stato consegnato un verbale di fine lavori da Ferrovie e ditta Pizzarotti», entrambe non coinvolte nel processo. «Secondo quel documento la cassa era finita ed entrata in funzione, in Provincia mi è stato risposto il contrario: opera mai presa in carico dall’ente nè collaudata».
Ma è stato il maggiore Antonio Ciervo, nel 2010 comandante della compagnia dell’Arma di Pontremoli, a spiegare come la cassa d’espansione sia stata realizzata in maniera differente rispetto al progetto della Provincia. Perché? «Erano previsti quattro moduli, ne è stato fatto solo uno. Per problemi di costi è rimasta così. I lavori sono finiti a giugno 2006, ma solo nella conferenza dei servizi del 2008 gli enti si sono accorti che qualcosa non andava». Poi la questione dell’allerta meteo dato o non dato. «Il giorno 24 era arrivato un’allerta meteo di tipo 2 dalla protezione civile nazionale – ha proseguito Ciervo – recepita dall’omologa struttura di Aulla. Hanno iniziato a organizzarsi fra loro, ma nessuno ha avvertito la popolazione di quanto stava per accadere, così come è avvenuto il giorno dell’alluvione: non è stato diramato alcun avviso, né con gli sms né megafono. Non è stata fatta alcuna attività preventiva. Nulla».
C’è poi il giallo del fax inviato (oppure no?) dal sindaco di Pontremoli al Comune di Aulla, in cui si avvertiva del pericolo in arrivo sul Magra. «Il giorno dell’alluvione il sindaco Lucia Baracchini – ha spiegato Ciervo – era venuta in caserma perché allarmata dalla situazione. Il fax? Me ne ha parlato, con le linee telefoniche ko aveva scelto quella strada per comunicare ad Aulla l’imminente pericolo». Infine il maggiore parla dell’improvviso innalzamento del letto del fiume. «Abbiamo constatato alcune criticità nella diga Edison (non coinvolta nel processo), arrivato il 25 ottobre al limite della sua capacità di 5 milioni di litri d’acqua. Da quanto emerso nelle nostre indagini, fra le 10 e le 17,30 sono state aperte per pochi secondi le quattro paratie dell’impianto. In un solo secondo escono 500mila liitri d’acqua. I tempi collimano con l’ondata d’acqua piovuta su Aulla alle 18,15, si tratterebbe di una concausa».
il tirreno