Due operazioni di sequestro di documenti, a distanza di tre mesi una dall’altra, per accertamenti sulle procedure di assegnazione e di realizzazione degli appalti: i progetti Piuss in corso nel territorio del Comune di Carrara sembrano non convincere la magistratura. E così ieri mattina, di buon ora, gli uomini delle Fiamme Gialle si sono presentati in Piazza Due Giugno per accertamenti sui faldoni relativi all’intervento di valorizzazione della Cava Romana del Tarnone: si tratta di uno dei quattro Piani integrati di sviluppo urbano sostenibile finanziati dalla Regione Toscana nella nostra città, il secondo a finire nel mirino della Guardia di Fiananza.
Il primo blitz delle Fiamme Gialle era scattato lo scorso luglio quando gli inquirenti avevano sequestrato la documentazione relativa alla realizzazione del centro di accoglienza turistica a San Martino: proprio a seguito di quell’indagine l’ultima tranche dei finanziamenti regionali, pari a oltre 130 mila euro, è stata bloccata mettendo così a serio rischio il completamento dell’opera che avrebbe dovuto essere consegnata già la scorsa primavera al termine di un intervento da 450 mila euro.
Stamani , a soli tre mesi dal precedente intervento, gli inquirenti hanno chiesto di esaminare le carte relative all’intervento in corso al Tarnone, un altro progetto Piuss che, secondo le indicazioni rilasciate a primavera dall’amministrazione, avrebbe dovuto essere consegnato a giugno di quest’anno. Come accaduto per i progetti di San Martino e della Padula, si era trattato di un appalto a dir poco travagliato , tanto che le procedure di gara per l’assegnazione dei lavori sono state bandite due volte, tra contestazioni e ditte “scomparse” o fallite. L’ultima aggiudicazione, quella definitiva, risale all’agosto del 2013: dopo la risoluzione, qualche mese prima, dei contratti affidati a suo tempo con gara pubblica, i progetti di San Martino e del Tarnone erano stati riassegnati con una procedura negoziata. Era stato cioè il municipio a invitare alla gara un certo numero di aziende che, dopo le verifiche del caso, erano state ritenute “qualificate”. Per il primo lotto del Tarnone, del valore di oltre 800 mila euro l’aveva spuntata un’azienda di Carrara.
Sull’intera vicenda gli inquirenti mantengono il massimo riserbo anche perché le indagini sono ancora nella fase preliminare e dunque non è detto che portino ad individuare reati.