telefoninoL’avvocato ha l’influenza e il processo sui telefonini imbocca la strada della prescrizione: due reati sono già prescritti, gli altri due che rimangono in piedi non vedranno la sentenza di merito perché la prossima udienza è stata rinviata alla fine del 2015 e rimangono troppi testimoni da sentire prima di aprire la discussione. Impossibile ascoltare la requisitoria del pm Rossella Soffio, impossibile sentire le arringhe degli avvocati dei quattro avvocati che difendono gli ex assessori comunali (giunta Fabrizio Neri) finiti alla sbarra con l’accusa di peculato: Marco Andreani, Sabino Antonioli, Maurizio Morelli e Dina Dell’Ertole.

La vicenda. Fin dall’inizio dell’inchiesta – che riguarda solo 6 mesi di mandato – i quattro ex assessori hanno sempre negato di avere usato per fini privati i telefonini del Comune. La guardia di finanza invece pensa il contrario: secondo le fiamme gialle gli assessori usavano i cellulari di lavoro anche per scaricare suonerie. Particolare questo, secondo gli inquirenti, che l’uso poco rigoroso dei cellulari non sarebbe avvenuto per disattenzione. Anche perché gli ex assessori potevano richiedere l’attivazione della speciale procedura che avrebbe consentito loro di usufruire ugualmente delle tariffe agevolate riservate all’amministrazione. Solo che i costi sarebbero stati addebitati sulla bolletta personale.

Le indagini. Le indagini erano partite dalla pubblicazione di articoli in cui si riferiva di una vivace discussione in consiglio comunale su elevate spese telefoniche. Da qui la richiesta delle bollette e dei tabulati degli ultimi sei mesi di mandato. Gli inquirenti si sono concentrati sulle fatture che superavano i 15 mila euro. L’accusa non contesta però l’intera cifra, ma importi più contenuti. L’ipotesi di peculato riguarda, solo le chiamate di cui – secondo gli inquirenti – non è provato il carattere istituzionale.

 

 

 

il tirreno