In Italia la carta stampata non ha mai avuto molta fortuna, e i numeri dei lettori di quotidiani, settimanali e periodici sono sempre stati piuttosto scarsi, soprattutto se paragonati alla media dei paesi occidentali avanzati.
Senza darci il tempo di colmare il divario, la crisi e l’avvento dei media digitali sta portando velocemente sulla soglia dell’estinzione tutto il mondo del cartaceo. E i segnali si vedono soprattutto sul versante degli investimenti pubblicitari. Secondo i dati dell’Osservatorio stampa FCP relativi al primo semestre del 2012, il fatturato pubblicitario ha fatto registrare una flessione del 13,7 % rispetto all’anno precedente. Sembra definitivamente finito anche il tempo effimero del successo della cosiddetta Free Press, i quotidiani distribuiti gratuitamente che fanno proprio della raccolta pubblicitaria il proprio unico mezzo di sostentamento: qui si registra un calo del 51,3 %; una pietra tombale calata sul settore, che vede ora come unico sopravvissuto Leggo del gruppo Caltagirone.
Una ricerca a volte spasmodica, di fronte alla drastica alternativa tra rinnovarsi o morire, giacché non tutti sono il New York Times. Nel frattempo la crisi produce conseguenze, se non inaspettate, almeno sottovalutate: in occidente nei prossimi anni si prevede un forte calo della produzione di carta, in parte proprio a causa delle sempre minori tirature di giornali e libri. Un bene per le foreste del pianeta (anche se la maggior parte dei quotidiani sono prodotti con carta riciclata), un po’ meno per i lavoratori delle cartiere. Un altra visione del lato oscuro della rivoluzione digitale