Il crollo dei tre solai nell’ala di via Roma del Politeama nel marzo 2011 fu una conseguenza diretta del cedimento alla colonna dell’atrio del teatro, avvenuto nel giugno del 2008: lo ha detto il professor Daniele Ferretti, intervenuto oggi come consulente del pubblico ministero al processo sul Politeama in corso a Carrara. Davanti al giudice Cosimo Maria Ferri, il docente universitario, un ingegnere esperto in comportamento degli edifici storici, ha spiegato che a innescare il collasso della colonna in questione, identificata come B4 e a provocare le lesioni degli altri pilastri nel foyer del Verdi sono state sostanzialmente tre cause: l’incremento dei carichi sulla struttura, innescato dal rifacimento del tetto e dal riempimento dei solai con il calcestruzzo; lo spostamento degli equilibri strutturali del palazzo, riconducibile a una lunga serie di demolizioni tra la parte centrale e quella di via Roma  e infine il degrado dell’edificio, provocato dalle copiose infiltrazioni d’acqua all’interno del palazzo. Una testimonianza, quella di Ferretti che è andata a toccare uno dei quesiti cardine del processo, quello appunto sulle cause delle lesioni all’edificio di piazza Matteotti, salite alla ribalta delle cronache locali dal giugno del 2008 in poi. Raccontando in aula gli esiti della relazione compilata su quei fatti su incarico del Pm, Alberto dello Iacono, Ferretti si è spinto anche oltre, contestando l’intervento di messa in sicurezza effettuato su 8 colonne dell’atrio centrale nei giorni immediatamente successivi al cedimento della prima colonna. Al di là del lavoro sul pilastro B4, realizzato in estrema urgenza dai vigili del fuoco senza molti margini di manovra, il docente universitario ha contestato i lavori svolti successivamente sulle altre colonne, ed effettuati secondo i dettami dei tecnici del comune di Carrara. Non solo, ricostruendo la storia dell’edificio con particolare riferimento alle opere di ristrutturazione effettuate dagli anni ’90 in poi, Ferretti ha infatti rimarcato a più riprese la totale assenza di un collaudo statico sul palazzo, un’indagine che a detta del docente sarebbe stata da considerarsi “dovuta” quantomeno dopo il rifacimento del tetto, datato 1994. Quell’intervento, ha sottolineato il teste, ha comportato un ingente aumento dei carichi della struttura ed è stato la principale causa del cedimento delle colonne dell’atrio: e anche sull’indemolibilità di quell’opera, sancita negli anni successivi dai tecnici del municipio, il professore non ha usato mezze parole: “E’ stata stabilita senza valutarne accuratamente i pro e i contro”, ha dichiarato Ferretti. Una testimonianza, quella ascoltata oggi in aula, destinata a pesare come un macigno sulla posizione dei professionisti del comune e su quella della Caprice, proprietaria di gran parte dell’immobile e fautrice di gran parte delle opere edili. Non sono mancate ovviamente le contestazioni dei legali delle difese: particolarmente insistenti gli interventi dell’avvocato Francesco Borasi, nominato dalla Caprice, che ha obiettato i riferimenti al crollo del marzo 2011, in quanto non direttamente collegato alla materia del processo. “Ci servono per capire gli effetti che ha avuto il cedimento del 2008 sulla stabilità dell’edificio”, ha tagliato corto il giudice Ferri, che durante l’udienza, non ha nascosto la sua preoccupazione per le condizioni attuali del palazzo. Dopo questa seconda udienza fiume, durata come la prima oltre cinque ore, il processo è stato aggiornato al 14 giugno.