Mettersi le mani in tasca e pagare non piace a nessuno. Così quando, dopo la bolletta della luce, del gas, del telefono, ti vedi recapitare anche il bollettino dell’Unione dei Comuni della Lunigiana (l’ex Comunità montana) davvero non fai i salti di gioia. Tanto più se, affacciandoti dalle finestre di casa tua, un fiume o un fosso non riesci a vederlo neppure all’orizzonte. Le tasse – e di questi tempi ne siamo più che mai consapevoli – vanno pagate e, quindi, anche il contributo per la manutenzione di argini, alvei e sponde. Anche se la commissione tributaria provinciale non la vede proprio così. Almeno stando alla sentenza depositata il 7 marzo, la prima, dopo decine e decine di ricorsi, con cui dà ragione a due contribuenti che hanno presentato ricorso.
I motivi del ricorso. Proprietarie, una di un appartamento in centro città, l’altra di una casa sul lungomare, due concittadine il contributo per i fiumi e i fossi ritengono di non doverlo pagare. Si affidano all’avvocato Paola Pasini, dello studio legale Abeniacar e comincia il lungo iter giuridico-amministrativo. La richiesta di pagamento riguarda, infatti, il versamento dovuto per gli anni 2007 e 2008.
Le motivazioni delle contribuenti. Chi si affida alla decisione della Commissione è convinto che la «pretesa tributaria» (vale a dire l’obbligo a pagare) sia infondata perchè estesa a tutti gli immobili sul territorio, indistintamente «anzichè – si legge nella sentenza – esclusivamente a quelli che traggono dall’opera di bonifica (taglio di piante, pulizia di fossi, messa in sicurezza di argini ndr) un vantaggio singolarmente dimostrato e proporzionalmente quantificato. Tradotto: non è chiaro – questa la posizione dei ricorrenti – quale sia il vantaggio dell’immobile in questione e quale il suo eventuale incremento di valore a seguito delle bonifica. In parole semplici: perchè devo pagare se abito a chilometri da un fiume? Che ci guadagna casa mia?
Le motivazioni dell’Unione. La Comunità montana (ora Unione dei Comuni), com’è comprensibile, la vede in un altro modo. Due le sue contestazioni: il ricorso è stato presentato cumulativamente (leggi: insieme) da due contribuenti diversi. Poi l’Unione chiarisce che il beneficio che ciascuna casa consegue, a seguito della bonifica, è determinabile in base ad un cosiddetto piano di classifica degli immobili. Non solo – altra notazione dell’ex Comunità – esiste anche un piano di riparto della contribuenza.
Insomma, un atto in base a cui sono definiti i criteri per individuare i contributi dovuti.
Il parere della commissione. La commissione tributaria provinciale, però, dà ragione alle due ricorrenti, rappresentate dall’avvocato Paola Pasini: accoglie il ricorso, riferendosi anche da un sentenza della Cassazione. Per la Suprema Corte, infatti, l’obbligo a pagare non può nascere da un vantaggio generico (tradotto: la bonifica garantisce tutto il territorio, quindi anche te e casa tua), ma deriva solo da un incremento di valore dell’immobile, diretto e immediato». Insomma un bel precedente e una bella vittoria per le due contribuenti e l’avvocato Paola Pasini.
Adesso chi, come dicevamo, affacciandosi alla finestra di casa sua, di fiumi e fossi non ne vede, può pensare di sospendere i pagamenti e tentare la strada del ricorso. Tanto più in tempi in cui i portafogli piangono e pagare è sempre più faticoso.
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da Il Tirreno