Se il regolamento sugli agri marmiferi del 1995 prevedeva che il rilascio o rinnovo delle concessioni dovesse essere effettuato entro un anno, molte cave opererebbero ancora senza concessione. Questo denuncia Legambiente anche alla luce della risposta ricevuta a riguardo dagli uffici comunali di Carrara il 30 settembre. L’Amministrazione ammetterebbe che le concessioni non sarebbero state rilasciate e che, in 15 anni, non si sarebbe neppure predisposto il modulo della concessione e del disciplinare, ovvero il contratto che dovrebbe venir stipulato tra Comune e concessionario. E tutto ciò sarebbe avvenuto esclusivamente a causa di un mancato accordo con gli imprenditori del lapideo. In poche parole insomma gli agri marmiferi verrebbero sfruttati in regime di assoluta illegalità. Già nel 2002 la Commissione consultiva nominata dallo stesso Comune aveva dichiarato illegittima la modifica apportata al Regolamento sugli agri marmiferi: portando la durata della concessione da 20 a 29 anni e prevedendone il rinnovo automatico alla scadenza, questa ripristinava di fatto la perpetuità del diritto estense, in piena contraddizione con la sentenza della Corte Costituzionale 488 del 1995 che affermerebbe al contrario la regola della temporaneità delle concessioni. Ad oggi insomma il concessionario diventerebbe quasi proprietario del bacino, senza contare il mancato rispetto del principio secondo il quale, la Corte Costituzionale nel 1994 stabiliva che «il concessionario è tenuto a corrispondere al Comune un canone in relazione al valore di mercato»: tale regola, formalmente ripristinata anche dall’Amministrazione nel 2005 sarebbe, di fatto violata. Il Comune, infatti, avrebbe proseguito stabilendo tariffe per le varie tipologie di marmo mediante accordi con gli imprenditori, senza alcuna indicazione del valore di mercato della produzione; sistema tariffario ulteriormente peggiorato dagli accordi successivi che avrebbero accorpato in sole tre fasce le precedenti otto fasce di qualità dei blocchi. Scegliendo la politica del concordato dunque, non solo si compirebbe una violazione della legge, ma si arrecherebbe un ingente danno erariale alle casse comunali. “Chiediamo”, afferma Legambiente, “di porre fine alle trattative con gli industriali, di ripristinare la legalità sia adeguando alla legge il Regolamento degli agri marmiferi, sia nella pratica, smettendo di tollerare l’escavazione in assenza di concessione e mettendo all’asta gli agri marmiferi per un periodo limitato, affidandoli al miglior offerente”.