Terreno minato quello relativo alla direttiva Bolkestein, che prende il nome dal commissario europeo per la concorrenza ed il mercato interno: schema di decreto 2320, approvato dal governo a fine 2009, ed entrato in vigore il 19 marzo dell’anno in corso. Direttiva organizzata su tre ambiti, concernenti l’eliminazione degli ostacoli alla libertà di stabilimento, l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione dei servizi e, infine, l’instaurazione della fiducia reciproca tra stati membri. Il testo, da subito, non entusiasmò molte delle parti politiche e sociali dell’Unione, tanto che si giunse ad eliminare del tutto uno dei suoi principi, quello del paese di origine, secondo il quale un prestatore di servizi che si sposta in un altro paese europeo deve rispettare la legge del proprio paese. Questo, secondo sindacati e sinistra europea avrebbe minato alla base molte delle conquiste dell’Europa occidentale, quali il diritto di sciopero, le condizioni di assunzione e licenziamento, gli oneri previdenziali. Chi ancora oggi ha timore della normativa la considera portatrice di uno sfrenato liberismo che, trincerandosi dietro la necessità di ridurre gli oneri amministrativi, incentivare l’espansione transfrontaliera delle imprese e ridurre i prezzi attraverso lo stimolo alla concorrenza, intenderebbe invece smantellare tutta la legislazione che riguarda la tutela del consumatore, la trasparenza nelle procedure, le garanzie sociali ed ambientali, la qualità dei servizi, la possibilità di prendere decisioni da parte delle autorità locali. Nel caso specifico, relativo alla messa all’asta degli stabilimenti balneari, gli imprenditori locali, così come gli amministratori puntano sulle possibilità che verranno offerte dal federalismo demaniale, secondo il quale, Comuni e Regioni potranno acquisire beni del demanio a titolo gratuito per venderli, con la sola condizione che gli introiti vadano ad alleggerire il debito. Ora, questa, che è stata da molti definita una svendita del patrimonio indisponibile dello stato, non colpirà in toto le spiagge, che non potranno essere vendute, bensì esclusivamente essere sottoposte a processi di valorizzazione con la possibilità quindi di un aumento del processo di privatizzazione e cementificazione delle spiagge italiane. Paradossale seppur certo legittima a questo punto, appare quindi l’ultima ancora di salvezza contro la direttiva Bolkestein: costretti a gioire per il male minore insomma e, per quanto ci riguarda, davvero, dovremmo confidare seriamente su di un’ottima gestione da parte della Toscana.