Credo che nessuno potrà dire che questa non è una “calda” celebrazione. Dico davvero grazie a tutti voi perché siete qui, sono un po’ confuso perché a me le feste piace farle agli altri quando la fanno a me mi mettono un po’ in imbarazzo. Poi le parole che si dicono in queste circostanze sono tante e speriamo che siano vere auguratevelo soprattutto voi.
Sono grato al Signore che mi ha portato qui, tra voi, come Vescovo. Davvero le vie del Signore sono imperscrutabili e nascosti i suoi pensieri.
Nei giorni trascorsi a Buia, un piccolo paese del Friuli dove con gli Scout e la Misericordia eravamo finiti, nei giorni del terremoto; una anziana signora mi disse, in lingua furlan: “Dove non vuoi camminare ti toccherà di correre”. Proverbio straordinario. Davvero non avrei mai immaginato che io, versiliese, un giorno sarei diventato massese. Così ha voluto il Signore.
Mi presento a voi con semplicità, perché so che il Vescovo è uno strumento nelle mani di Dio, come i preti sono strumenti nelle mani di Dio. Ora se ci pensiamo bene, in questi termini, si pensa che l’oggetto dell’amore di Dio è il destinatario e non lo strumento. Oggetto dell’amore di Dio per cui noi siamo preti e vescovi, siete voi. Dio ama il suo popolo e per questo manda loro i vescovi e i sacerdoti, che hanno il dono di essere per i fratelli.
Se noi fossimo dottori almeno le ricette per noi le potremmo fare, ma se noi volgiamo una benedizione dobbiamo andare da un altro, perché allo specchio non funziona. Dio ama il suo popolo e noi siamo per la gente. Guai a noi se ce lo dimentichiamo. Allora se ragiono così a me che il Signore mi voglia bene mi fa anche piacere, Ma sinceramente aiutiamoci a volerci bene, perché il nostro sacramento di sacerdoti e di vescovi è proprio per voi.
Oggi è un giorno di festa, di gioia. È bello trovarsi insieme, è bello stare qui anche con qualche sofferenza e venire anche da lontano: penso anche agli elbani. È con grande sacrificio che siete qui, e di questo vi sono davvero grato. (La Cattedrale che è la casa di tutti, siamo qui per esprimere la gioia di essere insieme, la gioia di sentirci popolo di Dio adunati dallo Spirito, forti della fraternità che la fede condivisa ci dona, sicuri per la nostra storia che è sì storia di peccato per la nostra debolezza e la nostra fragilità, ma è anche storia di santità, di bontà, di bellezza). Oggi dobbiamo sperimentare che tutta la nostra diversità, che tutta la varietà dei valori che ciascuno di noi possiede è la nostra forza. Guai a noi se fossimo tutti uguali. A volte c’è qualcuno che dice “se fossero tutti come me”. Meno male che siamo diversi. Siamo diversi e siamo ricchezza l’uno per l’altro, nella misura in cui mettiamo ciò che siamo al servizio e non in concorrenza l’ uno con l’altro.
Siamo forti della fraternità. Il fatto che il Signore ci consegni l’uno all’altro come fratelli, e che anche quando preghiamo di notte, non possiamo dire “Padre mio”, ma dobbiamo dire sempre “Padre nostro”, perché senza fratelli non siamo neppure figli.
E questa è la nostra forza, la nostra ricchezza, è la nostra storia. È vero per quello che leggiamo nei giornali in questi giorni, sembra che la nostra storia sia fatta solo di peccati. Ci sono anche quelli e chi non ne ha ?
Vi ricordate quando volevano condannare la donna prostituta? Benissimo condanniamola, chi è senza peccato scagli la prima pietra. E nessuno tirò una pietra. Anzi se ne andarono tutti via cominciando dai più vecchi, perché avevano avuto più tempo degli altri per fare i peccati…i giovani avranno tempo. È vero la nostra è una storia di peccati, e come no!?
Quando diciamo: “Confesso a Dio onnipotente che ho molto peccato….” Non diciamo mica una bugia? Se ce lo dice un altro ci arrabbiamo, ma da soli ce lo possiamo dire perché è vero.
La nostra è una storia di peccati, certamente. E fanno bene a ricordarcelo tutti i giorni.
Questo ci invita ad essere più seri e più sobri, ad essere più capaci di presentarci alla gente come siamo davvero, senza infingimenti, senza trucchi e senza mestiere.
Però è anche una storia di bellezza, di santità, una storia di grandezza. Non possiamo nascondercelo. Se il mondo è quello che è, io sono d’accordo con le parole che ho sentito prima pronunciate dal signor Prefetto, dal Presidente della Provincia, dal Sindaco. La nostra storia è impregnata di valori proprio perché i cristiani si impegnano. Per cui abbiamo consapevolezza della nostra fragilità e della nostra debolezza e consapevolezza della bellezza della nostra storia. Noi siamo qui per questo.
Una antica preghiera che tutti conosciamo, dice:
Cristo oggi non ha voce,
ha la nostra voce per annunciare il Vangelo di salvezza;
Cristo oggi non ha più mani,
ha le nostre mani per soccorrere i fratelli;
Cristo non ha più piedi,
ha i nostri piedi per andare incontro agli uomini.
Noi siamo Cristo proprio perché siamo la Chiesa, viviamo ed esprimiamo la comunione tra noi, assieme al Vescovo che rende cattolica e apostolica la nostra fede per il legame col Papa, segno visibile dell’unità della Chiesa e il legame, nella successione apostolica, con i primi discepoli di Gesù.
L’impegno dell’unità e della comunione mi appare oggi il più urgente proprio per il clima culturale che si è insinuato tra noi, dov’è la comunione?
Questo individualismo si insinua anche fra noi preti. Quante volte, quando parliamo fra noi, ciascuno di noi usa la parola “io”!
Dobbiamo andare davvero a cercare il valore di ciascuno di noi in questo rapporto di comunione. Il clima di egoismo e individualismo prevalgono, con una esaltazione di sé priva di ogni riferimento, acritica, del tutto gratuita.
Non meraviglia la persecuzione dei cristiani in tante parti del mondo e anche tra noi l’attacco, spesso ingiustificato e fuori misura, contro la Chiesa. Essere cristiani significa spesso rovesciare le parti, il mondo non accetta ciò che non è suo.
In questo contesto non dobbiamo arrenderci, né abbassare il tiro, perché noi siamo ministri di quella verità di cui parlava Paolo nella lettera a Timoteo.
Da un lato dispiace e fa soffrire, dall’altro costringe ad una purificazione delle scelte e dei comportamenti e ci ricorda che siamo discepoli di una Maestro Crocifisso. È la croce che salva il mondo e senza la croce non c’è salvezza.
Non è facile annunciare il Vangelo ad un mondo che è convinto di poter vivere meglio senza.
Nessuno può dire di non conoscere Gesù Cristo.
Eppure sembra che noi annunciamo delle cose inutili. A volte sembriamo annunciatori di sciagure. Dobbiamo rendere testimonianza che è possibile vivere in un mondo dove la gioia è di casa. Lo accennavo prima mentre eravamo in piazza, la felicità non può essere presa, può essere solo donata. Quando una persona vuol bene, è felice quando è felice la persona che ama. Se non fai felice la persona che ami, non sei felice. La felicità può essere tua solo se sei capace di donarla.
Il Vangelo ci insegna questo a farci donatori di gioia, portatori di speranza. […]
Non siamo contenti perché non ci decidiamo a scegliere davvero il Vangelo e continuiamo ad amare le cose del mondo, il denaro, il potere, il successo, pur sapendo che quando tutti vogliono le stesse cose, gli altri, le persone che vivono con noi, diventano concorrenti se non nemici. Gesù ci dice: beati i poveri, beati i miti, beati coloro che si fanno servi dei fratelli.
Proviamo a crederlo una buona volta, facciamo vedere a tutti la gioia e la bellezza del vivere cristiano. Se i cristiani non sono testimoni credibili del Vangelo la Chiesa, il Papa, il Vescovo diventano muti. Se il Vangelo non lo vivono quelli che vanno a Messa la domenica, quelli che fanno la comunione, chi lo dovrebbe vivere? Il Vangelo è una provocazione per noi che viviamo i sacramenti nella Chiesa.
San Paolo direbbe: voi siete la mia lettera di presentazione. Rendere credibile il Vangelo di Gesù Cristo è l’ impegno che stasera insieme ci assumiamo.
Un ringraziamento particolare al Vescovo Eugenio.
Il Vangelo ci ricorda che nella vita c’è chi semina e chi raccoglie, e che noi raccogliamo ciò che non abbiamo coltivato. Dio è colui che fa crescere. Grazie, vescovo Eugenio, per il dono della tua vita, della tua sapienza, del tuo amore a questa Chiesa.
Il fatto che tu resti tra noi è motivo di conforto e di consolazione. Spero di essere all’altezza di una successione così impegnativa.
Un grazie sincero ai confratelli vescovi che hanno voluto essere presenti, segno di una vicinanza che sento molto importante, conforto e aiuto in un ministero delicato e difficile.
L’amicizia, la fraternità tra noi è vera risorsa per essere nel presbiterio e tra la gente maestro e padre mentre ho solo l’esperienza di fratello. Un ossequio dovuto al Metropolita e a tutti gli altri vescovi della Toscana.
Un saluto ai sacerdoti e ai fedeli della Chiesa Massetana Piombinese. Viene alla memoria il 5 dicembre 1999, quando sono stato consacrato vescovo da Mons. Bassetti proprio nella Cattedrale di San Cerbone. Ho cercato di donare tutto di me in questi dieci anni.
Grazie della vostra generosità, del vostro affetto. Negli anni trascorsi assieme vi ho dato tutto il cuore.
Un saluto alla comunità di san Martino in Pietrasanta, al proposto e ai fedeli che ricordo con affetto. I pochi anni vissuti insieme rimangono indelebili nel cuore e la devozione alla Madonna del Sole ci unisce, patrimonio genetico di ogni pietrasantino.Grazie di cuore a voi, Chiesa di Massa Carrara — Pontremoli: ai Sacerdoti, ai Diaconi, ai Religiosi e alle Religiose, a tutti voi, figli di questa terra amata dal Signore.
Grazie al Signor Prefetto, al Presidente della Provincia, ai Sindaci, alle autorità militari, grazie al Luogotenente dell’ Ordine equestre del S. Sepolcro. Grazie ai rappresentanti e responsabili delle varie associazioni, movimenti e confraternite: una ricchezza che si raccoglie e diventa forza.
Onore a me? Non credo, spero proprio di no. Non sono importanti i ruoli, ma sono importanti le persone. Voglio dirvi fin d’ora la mia disponibilità ad essere vicino alle persone dove ci sono le sofferenze, dove ci sono i bisogni. Come Chiesa abbiamo bisogno di essere lievito, lievito di una speranza per un mondo diverso con nuove regole. Se vogliamo fare qualcosa di nuovo dobbiamo ripartire dagli ultimi, come ha fatto Gesù. Nella relazione nasce la nostra forza.
Con le autorità civile e militari, siamo al servizio della stessa gente e, sia pur nella diversità dei compiti, condividiamo la responsabilità della gioia e della pace del nostro popolo. Amiamo la nostra gente e a loro vogliamo donare noi stessi.
Sorelle e fratelli carissimi, non date retta a quanto scrivono i giornali: in questi giorni mi hanno descritto troppo bene.
Se vi accontenterete di un onesto lavoratore, mi avete trovato.
Non ho né ricette, né soluzioni, quello che ho ve lo dono: vi dono la vita, tutto l’amore di cui sono capace.
È il Signore che è Padre e prepara il bene per noi, ci doni la sua forza, il Suo Spirito Paraclito perché viviamo da discepoli fedeli sulle orme del suo Figlio Gesù.
Maria, nostra Madre, i nostri Santi patroni ci guidino, col loro esempio e la loro fraterna intercessione.