Il pomodoro cinese invade l’Europa: gli sbarchi sono triplicati, registrando un balzo del 174% nel trimestre dicembre-febbraio 2010 rispetto al precedente periodo del 2009, anno in cui in Italia sono arrivati 82 milioni di chili di concentrato da spacciare come Made in Italy. E’ l’allarme lanciato oggi dal presidente della Coldiretti Sergio Marini, in occasione della presentazione del dossier sulle importazioni di concentrato di pomodoro cinese, elaborato insieme alle cooperative agricole dell’Unci e alle industrie conserviere dell’Aiipa (Associazione italiana industrie prodotti alimentari). I pomodori conservati sono la prima voce dell’import agroalimentare dalla Cina pari ad oltre il 34% del totale, la cui produzione, iniziata nel 1990, oggi è al terzo posto nel mondo dopo Stati Uniti e Unione europea. Dalle navi sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso, circa 1.000 al giorno, con concentrato da rilavorare e confezionare come italiano; questo perché nei contenitori al dettaglio, precisa la Coldiretti, è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento ma non quello di coltivazione. Un quantitativo che corrisponde a circa il 10% della produzione di pomodoro fresco destinato alla trasformazione realizzata in Italia, che nel 2009 e stato di 5,73 miliardi di chili. Danni per i consumatori a cui il pomodoro trasformato piace (31 kg il consumo a testa) e produttori, su cui pesano gli effetti di una concorrenza sleale con ingenti danni economici; basti pensare che nel settore del pomodoro da industria sono impegnati 8.000 imprenditori agricoli che coltivano su 85.000 ettari, 178 industrie di trasformazione, per un valore della produzione di oltre 2 miliardi di euro. Se i marchi italiani vengono clonati di tutto punto, con confezioni identiche alle originali vendute in scatole da 400 e da 2.200 grammi come doppio concentrato (28%) con la scritta ‘100% prodotto italiano’, profondamente diverso è il contenuto. Le analisi parlano chiaro: di pomodoro vero ce n’é ben poco, la maggior parte del prodotto è costituito da scarti vegetali, quali bucce e semi di diversi ortaggi e frutti, con livelli di muffe che eccedono i limiti di legge previsti dalla legislazione italiana.