A le varie magliette con i disegni e le scritte più disparate, il negozio Ciao Ciao, in zona industriale a Massa ha messo in vendita anche t-shirt nere inneggianti il fascismo. La stampa di Benito Mussolini e la scritta “credere, obbedire, combattere” o anche “muoiono gli uomini non le idee”, oppure un’altra con l’aquila, il fascio littorio e la scritta “boia, chi molla”. Luca Pretazzini, tra i responsabili dei Carc ha preteso che le maglie esposte fossero ritirate perché potevano costituire apologia di fascismo. Ne è nata un’accesa discussione con un’impiegata, contraria alla rimozione delle t-shirt perché erano in vendita anche quelle di che Guevara. Alla minaccia di Pretazzini di volantinaggio e boicottaggio del punto vendita di via Massa Avenza, la ragazza ha contattato il direttore il quale si è scusato ed ha acconsentito al ritiro delle maglie di Mussolini, sostenendo che si è trattato di un equivoco. Nel frattempo la Polizia, chiamata dall’esponente di sinistra, ha verbalizzato l’accaduto. Per ora non è scattata la denuncia, ma non è escluso che avvenga. Resta da capire se il business di maglie o altri gadget raffiguranti il Duce costituisce reato, ma pare proprio che in Italia sia consentito questo tipo di mercato. Esiste una legge del ’52, la legge Scelba, che parla di apologia di fascismo e vieta la propaganda per la costituzione di un’associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità del disciolto partito fascista, ma condanna anche chi «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche». Esiste però una sentenza, emessa circa 15 anni fa da un PM di Torino che chiese l’archiviazione di un’inchiesta sui titolari di un autogrill dove il busto del Duce stazionava sugli scaffali dell’area: “non e’ esaltazione del fascismo, ma solo un’ attività creativa nei confronti di un personaggio storico”.