Anche l’artigianato in marmo soffre, colpa della crisi si sa, ma forse il problema potrebbe essere arginato riflettendo su ciò che era Carrara un tempo. E senza negare il fascino e l’importanza dell’arte concettuale contemporanea, non sempre sedotta dall’oro bianco, riscoprire un artigianato artistico che non solo preserverebbe dalla devastazione le nostre Apuane, ma forse, aiuterebbe una città ingiustamente dimenticata dalle guide turistiche, a tornare a far parlare di sé. “L’artigianato artistico rischia di scomparire se non si attuano politiche che ne salvaguardino il valore”, afferma il vicepresidente del Consorzio Artistico del Marmo di Carrara Michele Monfroni, “mentre ci sono tanti giovani all’Accademia e nei laboratori che non aspettano altro se non la possibilità di agire”. Ma cosa realmente differenzia colui che definiamo artista da quello che si accontenta di farsi chiamare artigiano? Confini spesso labili e un enorme potenziale di artigiani/artisti in città. “L’artigiano compartecipa al lavoro dell’artista, hanno bisogno l’uno dell’altro”, aggiunge Monfroni, “bisognerebbe smetterla di ragionare come se si stesse trattando di due categorie in competizione, e riscoprire invece la passione che li accomuna”. Ma si sente a Carrara la mancanza di spazi espositivi? “Si tratta di una carenza ormai congenita in una città che in passato, soprattutto nel centro storico pullulava di laboratori”, sottolinea ancora Monfroni, “oggi come oggi sarebbe necessario uno spazio espositivo permanente, non solo per offrire nuove possibilità ai giovani ma, anche e soprattutto, per donare nuova vita a Carrara”.  E fuor di polemica, la cugina versiliese, nonostante la crisi e malgrado le nuove tendenze dell’arte, ha saputo brillantemente gestire un patrimonio che è, prima e soprattutto, apuano.