Interrogato dagli uomini della squadra mobile: è stato l’ultimo a parlare al telefono con la vittima. Prima ha negato la chiamata, poi l’ha ammesso ma ha raccontato poi di non essere più andato all’appuntamento che aveva fissato
C’è un indiziato nelle indagini sull’omicidio di Aparecida, la lucciola brasiliana che si faceva chiamare Mary sui siti porno, massacrata con 74 coltellate nella sua abitazione. E’ un giovane spezzino, cameriere di professione. Gli inquirenti sono arrivati a lui in maniera molto semplice, quasi ovvia: dal suo cellulare è partita l’ultima chiamata a uno dei quattro telefoni della vittima. Gli uomini della mobile hanno preso il numero dalla rubrica e sono risaliti a lui che ci ha messo del suo a finire nei guai, perchè quando è stato ascoltato la prima volta ha negato tutto. «Non ho telefonato a Mary», ha detto di getto agli inquirenti non immaginando che la sua bugia fosse già stata scoperta. Così ha subito dovuto rettificare il tiro: «Sì, l’ho chiamata, abbiamo concordato un appuntamento, ma poi non ci sono andato». Per il momento i poliziotti si sono limitati a constatare questa sua affermazione e a prenderla per buona. In attesa di riscontri. Che sono la prova del dna sui brandelli di pelle del killer trovati sotto le unghie della vittima, i filmati dei sistemi di videosorveglianza del quartiere e altri reperti. Ci vorrà del tempo, perchè le analisi veloci, quasi in tempo reale, avvengono solo nei telefilm in stile Csi.
E’ per questo che gli uomini della squadra mobile diretta da Girolamo Ascione si stanno concentrando su altri dettagli importanti, come la scia di sangue della vittima lasciata sulla maniglia della finestra, la ricerca dell’arma del delitto – un coltello o una forbice – e soprattutto su quello che è a tutti gli effetti il mistero delle scarpe insanguinate. L’appartamento al piano rialzato al numero civico 430 di via Monfalcone che Mary aveva acquistato – e stava finendo di pagare il mutuo – ha solo due vani. Dalla porta d’ingresso c’è un piccolo corridoio: sulla sinistra ci sono i servizi, molto piccoli, poi subito dopo la cucina, dove è avvenuto il massacro, e quindi dall’altro lato la camera da letto, assolutamente intonsa di sangue. la cucina, invece è un mattatoio, con l’assassino che ha camminato sul sangue della vittima, lasciando orme chiare ed evidenti, tanto che gli inquirenti non solo sanno il numero di piede del killer, ma anche la marca delle scarpe, una nota “griffe” sportiva francese. Ebbene, come abbiamo già detto ieri, ad un certo punto le orme scompaiono. Nei due tappeti davanti al corridoio, prima della porta della casa, non c’è nemmeno la più piccola traccia di sangue. Con tutta probabilità l’omicida se l’è tolte. La dimostrazione che ha agito con ferocia ma anche con lucidità. Gli inquirenti sanno già che in bagno si è lavato le mani e forse ha anche sciaquato l’arma del delitto, dato che rivoli di sangue sono stati rinvenuti nel lavabo. E sanno che si è tolto le scarpe per non lasciare tracce ulteriori. Forse se l’è rimesse appena fuori dal portone d’ingresso perchè uno con i vestiti sporchi di sangue, scarpe in mano e piedi scalzi, non avrebbe potuto davvero passare inosservato come invece è riuscito a fare il killer della povera ragazza brasiliana
da Il Secolo XIX