L’elemento femminile è senza dubbio predominante nella pittura di De Corrado, ma così come ogni altro simbolo che anima scene che riescono ad essere grafiche e materiche ad un tempo, si tratta anche in questo caso di entità oniriche non immemori della lezione chagalliana. Sì, perché soprattutto di simboli si può parlare osservando le pitture dell’artista italo-svizzero: Ravi De Corrado non ricerca la linea pura, né tanto meno l’anatomia perfetta, ma tenta di esprimere, tramite il colore e le forme, i propri sentimenti e pensieri più reconditi. A questi accorda la libertà di accavallarsi sulla tela senza porsi domande: e allora se « Cappuccetta Rossa » riacquista la propria femminilità, non lo si deve solo alla vocale finale, bensì ad una dignità, quella femminile appunto, che il pittore è convinto possa essere l’unico destino atto a cambiare l’ordine delle cose. Nel bel mezzo di un universo frantumato e violento, il ritorno al potere dell’elemento femminile e la caduta del patriarcato sembra costituirsi come la sola soluzione. Ed è forse per questo che De Corrado lascia che i suoi dipinti siano affollati anche da richiami zodiacali: influenzato dalla scrittrice astrologa Lisa Morpurgo, sogna l’inversione della rivoluzione terrestre, dalla destra, prettamente maschile, alla sinistra, dotata di quella complessità necessaria ad un’inversione filosofico-culturale che si renderebbe ormai indispensabile. E allora, oltre alle donne, i dipinti di De Corrado si aprono ad accogliere zingari, giocolieri ed intere popolazioni cui la Storia non ha reso giustizia, forse perché, chissà, proprio come il genere femminile, sarebbero state capaci di mettere in discussione i capisaldi di una cultura fondata sul dominio e l’egoità.