All’indomani della prima udienza preliminare, continua a fare discutere quanto avvenuto al cimitero di Mirteto. Sconvolti i parenti che non solo  non si capacitano di quanto avvenuto ma si chiedono adesso se l’urna sulla quale piangono sia realmente quella che custodisce le ceneri della persona scomparsa. Scuse banali, assurde e deprecabili quelle usate da chi lavorava nel cimitero.  “Ci avevano detto che era vietato per legge assistere alla cremazione”; hanno dichiarato in aula alcuni parenti, oppure; ci hanno dato appuntamento per il giorno dopo a una certa ora, poi, il giorno successivo ci hanno detto che eravamo arrivati tardi e che avevano già provveduto alla cremazione”, avrebbero detto altri. Uno scandalo nello scanalo dunque che vede mancanza di rispetto indistintamente per vivi o morti che fossero. Tra i presenti in aula ieri anche Natalina Menchelli vedova Balestracci,  presidente dell’associazione per la tutela e la dignità dei defunti. In aula dunque anche lei insieme a molti familiari di defunti costituitisi parte civile. L’associazione ne riunisce 75; per loro l’avvocato Emiliano Pianini ha quantificato in 200 mila euro a testa la richiesta di risarcimento del danno morale e biologico causato dal trattamento ricevuto dalle salme al crematorio di Mirteto. Il danno stimato dalla difesa, che al momento ammonta complessivamente a 15 milioni di euro non potrà però cancellare dalla memoria dei familiari per quanto accaduto. Se ogni accusa dovesse risultare accertata in sede di giudizio i familiari avrebbero la conferma del danno subito e un’ombra di vergogna cadrebbe su Massa; una vergogna che sarà difficile dimenticare.